Il report del dott. Nuvola

Pubblicato da Dott. Plotter il

La missione del dot. Nuvola in Bielorussia, da Giovedì 13 a Domenica 23 Marzo 2014.

PRIMA PARTE DA GIOVEDI’ 13 A SABATO 15 (IL VIAGGIO E L’ARRIVO A HOMEL)

Partiamo da Empoli il giovedì 13 Marzo 2014 alle 16.30, dovevamo partire alle 15 ma essendo 18 persone, dovendo portare le strisce ai bimbi per la misurazione del diabete da radiazioni e dovendo caricare tutto su due pulmini partire in ritardo è quasi normale. Pan e Pasticca ci aspettano all’autogrill di Firenze nord e aspettano più di un ora vestiti da clown in mezzo al nulla, partiamo un poco ansiosi, tra il ritardo, i tre giorni di pulmino da fare e l’esperienza nuova la tensione si avverte subito, inoltre noi tre ci sentiamo estranei perché gli altri 15 fanno tutti parte della pubblica assistenza e quindi alla partenza siamo due gruppi divisi e questo si avverte a pelle, il disagio si tocca e si percepisce chiaro ma si percepisce molto anche la voglia da parte nostra di mescolarsi, di miscelarsi, di formare un gruppo, ma non è stato facilissimo il primo giorno di viaggio. La prima notte la passiamo in pulmino dormendo mentre viaggiamo, ci fermiamo per qualche sosta per il bagno e il cibo ma tiriamo dritti fino in Polonia, arriviamo in Polonia il pomeriggio del venerdì, la tensione aumenta, il gruppo è stanco e stressato e ancora non unito, mangiamo divisi e qualche scazzo si vede e si sente chiaro nell’aria, sia fra di loro che fra loro e noi, cerchiamo di concentrarsi su come pacificare le cose, su come amalgamarsi e capiamo che questa è il nostro primo compito clown della missione. La sera mangiamo e dormiamo in un albergo in Polonia, dopo cena io e i clown parliamo con Eleonora, la presidente della pubblica assistenza che è in viaggio con noi, cerchiamo di capirsi, comprendersi, volersi bene e già dal mattino dopo sentiamo i primi cambiamenti, siamo più uniti, ancora non un gruppo ma due gruppi che cercano unione. Viaggiamo dal mattino alle 9 del sabato mattina fino alle 11 quando arriviamo alla frontiera fra Polonia e Bielorussia, dobbiamo passare due dogane, non far vedere le striscette per il diabete che portiamo dietro e passare indenni, la tensione aumenta ma la frontiera polacca la passiamo in un oretta, adesso c’è quella difficile, la Bielorussa, ci controllano abbastanza ma va tutto bene, ci mettiamo tre ore e mezzo ma passiamo, adesso sono le 15 e noi siamo in Bielorussia, siamo entrati tutti noi, le striscette e non abbiamo avuto problemi, ci rilassiamo, siamo felici ma anche stanchi del viaggio, sono tre giorni che stiamo in un pulmino tutti attaccati e stretti, pieni di bagagli e con poco spazio vitale ma io Pan e Pasticca abbiamo fatto le prove dello spettacolo che faremo, abbiamo cantato dal vivo tutto il repertorio italiano e straniero di canzoni che conoscevamo per alleviare il viaggio e abbiamo giocato e scherzato con tutti, stiamo iniziando a fare gruppo, ci consideriamo di più, ci prendiamo più cura gli uni degli altri e proviamo a farlo con rispetto e amore, ancora a volte forzato ma almeno ci proviamo.

Alle 15, come dicevo prima, entriamo in Bielorussia, rimettiamo avanti gli orologi di due ore e continuiamo a viaggiare, abbiamo ancora diverse ore di strada da fare, arriviamo a Gomel (Homel in bielorusso) alle 22 circa, ci aspettano Vittoria (una delle interpreti che già conosciamo), Valery (che è la prima bimba aiutata dal progetto di sostegno dei bimbi diabetici bielorussi e dalla quale prende il nome il progetto Valery appunto) e sua mamma, Valery adesso è una ragazza grande e sta bene nonostante i problemi di salute e il luogo inquinato dove vive.

Tira un vento freddo ma Vittoria è bella e sorride, decido di scendere dal pullman già vestito da clown (in realtà ho fatto tutto il viaggio vestito da clown ma nelle ultime due ore di viaggio mi sono vestito completo con il cappello a cilindro e indossando il naso anche se stare col cilindro in pullman è davvero scomodo ma dovevo abituarmi a stare così tutta la settimana per poter meglio entrare in empatia con il paese che stavamo attraversando). Vittoria mi riconosce subito, mi chiama per nome e mi dà il benvenuto, e così grazie a questi semplici gesti mi sento già a casa, quanto è importante l’accoglienza lo si capisce meglio quando siamo noi a dover essere accolti anziché dover accogliere.

La prima tappa del viaggio è all’associazione diabetici, arriviamo, scarichiamo le scatole di striscette nella loro sede (il giorno dopo saranno contate, divise per i vari bambini e consegnate da noi e da loro insieme). Loro ci aspettano sorridenti, hanno preparato per noi biscotti, caffè, the e panini. Io prendo del caffè caldo, ma è caldo davvero, aiuta e rigenera, l’ambiente è davvero familiare e io sento che potrei davvero stare con loro delle ore. L’accoglienza per il nostro gruppo clown è davvero bella, sinceramente quasi inaspettata perché per noi è la prima volta mentre gli altri son venuti qua tutti gli anni da 20 anni a questa parte, non tutti loro ma la loro associazione si. Io non pensavo davvero che ci dedicassero del tempo solo per noi già da subito, invece Vittoria traduce e una responsabile bielorussa ci dà il benvenuto, dice che noi per loro siamo una bella sorpresa, e io penso: saremo all’altezza delle aspettative? Ci chiedono di fare subito il giorno dopo due spettacoli di 1 ora per i bambini, prima quelli seguiti dal progetto valery, alle 11, e poi alle 14 per gli altri, sono tanti, oltre cento al mattino, qualcuno meno al pomeriggio e noi diciamo che saremo lieti di farlo, loro chiedono se siamo stanchi e se ce la facciamo a iniziare già dal giorno dopo, io rispondo senza neanche pensarci che abbiamo fatto tre giorni di pulmino solo per incontrarli e che possono chiederci di lavorare anche 16 ore al giorno, avremo dopo il tempo per riposarci (quanto era profetica questa mia frase lo capisco solo adesso al mio rientro). Loro sono grati e contenti della risposta, sorridono e ringraziano, poi chiedono se vogliamo lavorare con gruppi di bimbi o con i singoli, io rispondo che devono decidere loro, siccome ci sono dei bimbi col cancro al sangue e con loro possiamo stare solo 5 minuti per ragioni di salute io dico che ciò che ci importa è rispettare loro e la loro malattia, se sono 130 così noi dedicheremo loro anche tutta una giornata visitandoli uno a uno. Ci propongono poi uno scambio con dei clown-dottori bielorussi, diciamo che siamo felici di questo incontro prezioso e domani vedremo come e cosa fare perché non abbiamo ben capito se dobbiamo lavorare insieme o meno, domani vedremo. Poi ci portano in albergo verso mezzanotte, facciamo ancora delle prove veloci in camera, 1 ora circa, per lo spettacolo del giorno dopo e andiamo a letto. Io ho ancora l’adrenalina alta e non ho sonno, proverò a andare a letto ma l’eccitazione e l’emozione sono alte davvero. Prima di dormire facciamo le nostre preghiere della sera (io e Pan per chi non lo sa siamo buddisti) per riuscire ad avere una buona comunicazione con tutti loro il giorno dopo. Condividiamo adesso le risposte di Patch alle mie lettere che ci incoraggiano, leggiamo una poesia sul viaggio che mi ha mandato un’amica prima di partire e che io ho portato dietro e andiamo davvero a letto. Il giorno dopo sarà una giornata intensa e avremo l’occasione per la prima volta di sperimentare davvero se riusciamo a superare le barriere della lingua, della cultura con loro e a incoraggiarli davvero profondamente grazie al nostro spirito e al nostro naso rosso. Abbiamo portato tante cose ma soprattutto tanto amore, dedizione e speranza di poter davvero fare la differenza.

SECONDA PARTE…LA DOMENICA 16 MARZO

Oggi prima giornata di visite e di spettacolo, ci chiedono di fare 1 ora dio spettacolo clown per due gruppi, uno al mattino (quelli del progetto Valery) e uno al pomeriggio (quei bambini ancora al di fuori dal progetto Valery per mancanza adozioni a distanza). Andiamo a fare colazione io, Pan, Pasticca e mia mamma, io e Pan arriviamo prima degli altri e iniziamo ad ordinare, ordinare è un parolone a dire il vero, nessuno parla inglese oo francese e noi non sappiamo una parola di russo a parte un due e tre…ma un due e tre di cosa se non si sa dire niente? Allora iniziamo a parlare, la cameriera ci guarda e non capisce, poi viene sopraggiunta da un colpo di genio…e mi da un menu..io lo apro…tutto in cirillico, siamo daccapo…Pan disegna una gallina e un uovo su un foglio, io tiro fori di tasca il maiale di gomma e in due minuti si fa colazione con uova e prosciutto. Usciamo dall’albergo e saliamo sul pulmino per andare nella sala che hanno affittato per fare lo spettacolo ai bambini diabetici, io sono terrorizzato dal fatto di non sapere se riusciremo a comunicare ma appena arriviamo già tutti i bambini del progetto Valery sono seduti ad aspettarci con le loro famiglie, dopo lo spettacolo consegneremo le striscette suddivise in pacchi per ogni bambino. Iniziamo a guardare prima il loro spettacolo di benvenuto per noi, Valery canta per noi e lo fa molto bene, poi viene il turno di altri ragazzi che ballano hip hop, adesso tocca a noi. Inizio io andando al microfono, mi tolgo il naso, il cappello clown e, grazie a Vittoria, l’interprete, faccio un intervento di due minuti spiegando loro cosa è il progetto m’illumino d’immenso, ringrazio la pubblica assistenza di Empoli per averci portato in Bielorussia e dico che offriremo loro uno spettacolo clown. A questo punto Pan e Pasticca iniziano le gags che si erano preparati, principalmente mimiche, i bambini capiscono subito, ridono, si divertono, la tensione si scioglie, iniziano a urlare il nome di Pasticca quando Pan lo cerca e non lo trova, interagiscono bene e tutto in me inizia a sciogliersi, la tensione e la preoccupazione. Passiamo allo spettacolo dei burattini lirici con il cane e la giraffa che cantano Libiam dai lieti calici tratto dalla Traviata , poi altri due pupazzi cantano il pezzo del flauto magico di Papageno e Papagena e funziona, due ragazzi che facevano hip hop sono là a tenere il telo per i burattini e lo fanno volentieri, interagiamo con loro e ci capiamo a gesti e sguardi, pare quasi impossibile si comunichi ma capiscono tutto con una rapidità sorprendente per me. Adesso facciamo un pezzo comico a tre sulla musica coinvolgendo una signora del pubblico e un bambino e va tutto bene, sbagliamo noi qualche passaggio ma alla fine torna tutto. Adesso mentre l’associazione inizia a distribuire le striscette ai bambini noi facciamo dei palloncini per loro e interagiamo liberamente per la sala. I bambini si sono sciolti molto e ci avviciniamo, baci , abbracci, e li salutiamo mentre escono, per essere la prima cosa fatta siamo soddisfatti del risultato. Facciamo una pausa caffè mentre aspettiamo l’altro gruppo del pomeriggio, arrivano, rifacciamo anche a loro lo stesso spettacolo e va tutto bene, a loro consegniamo anche i primi nasi rossi che ci ha offerto per la missione il clown e clown festival di Monte San Giusto, siccome abbiamo portato più striscette del previsto riusciamo a darle anche a qualche bambino non previsto e questo è molto bello, a loro servono davvero tanto e fanno la differenza tra vivere bene o vivere male. Usciamo dalla sala e ci troviamo davanti a una scena meravigliosa, sembra di essere in un film di Fellini, il parco fuori dalla sala si è popolato, è iniziato a nevicare ma è arrivato un tizio con un tavolo e la musica, copre le casse con una plastica per non sciuparle e mette musica da ballo, decine di anziani, donne e uomini, stanno ballando sotto la neve, viene quasi le lacrime a guardarli da come son belli, ridono, ballano e si divertono…io chiedo all’interprete che succede e lei risponde semplicemente: si vogliono scaldare e divertire, così ballano, noi lo facciamo spesso…che bello è? Vai in un parco mentre nevica e trovi gente dai 70 anni ai 90 e più che ballano contenti…decidiamo di ballare con loro, io, Pan e Pasticca invitiamo tre signore ultra settantenni, loro accettano subito, ballano con noi (noi siamo vestiti da clown e non parliamo la loro lingua e sicuramente non sanno che cosa facevamo là quel giorno ma hanno detto: mi chiedono di ballare e io ballo), ridono, hanno denti d’oro e catene al collo, cappelli di lana grossa perché fa freddo davvero, ma quelle reggono, io schianto ma loro appena schiantato me prendono un altro signore e continuano a ballare, montiamo sul pulmino per andare all’associazione diabetici dove ci stanno aspettando e le salutiamo, le lasciamo là che volteggiano felici sotto la neve , uno spettacolo che scalda davvero il cuore. Arriviamo all’associazione diabetici e ci hanno preparato la cena, sono le 17,30 ma noi abbiamo fame, così ceniamo con loro, siamo di nuovo in famiglia come la sera prima, vediamo che ci sono più bottiglie di vodka che d’acqua, io provo a berla ma è troppo forte, loro versano però e così ribevo, dalla terza vodka in poi riesco a berla meglio anche se ancora a stento. Decidiamo con Vittoria e gli altri clauni il programma di domani, al mattino saremo solo noi clown e andremo a visitare un istituto di bambini cerebrolesi insieme a Vittoria, nel pomeriggio ci riuniremo agli altri e andremo in un centro per bambini disabili. Arriva una signora con suo marito e porta una bottiglia di liquore scuro, vodka alle erbe fatta in casa, la versa a tutti…in confronto quell’altra bevuta fino ad adesso era acqua fresca, brindiamo con loro, noi dai bicchieri, il marito della signora direttamente a garganella dalla bottiglia, io assaggio e mi si apre una casello autostradale nello stomaco con tanto di addetto alla riscossione e sistema telepass incorporato…a stento arrivo vivo in albergo alle 21, scrivo brevemente le riflessioni del giorno e vado a letto aspettando con ansia il giorno dopo per incontrare altri volti, fare altre esperienze e aumentare lo scambio tra popoli grazie al clown.

TERZA PARTE..IL LUNEDI’ 17 MARZO

Il lunedì siamo andati in un istituto per bambini cerebrolesi, ci aspettavano in una stanza tutti insieme, eravamo preoccupati che non tutti capissero ma poi è andata bene, abbiamo fatto lo spettacolo completo, abbiamo regalato i nasi e fatto anche i palloncini per loro. Il posto era ben tenuto, colorato e pulito, i bambini e i ragazzi sono trattati bene, dopo lo spettacolo abbiamo cercato con loro un contatto diretto uno a uno perché questo è ciò che desideriamo fare, ossia comunicare con una persona per volta, fare lo spettacolo va bene ma inizia a mancarci il contatto diretto persona a persona, cuore a cuore per poterli incoraggiare e sentirli da vicino, ognuno di loro ha problematiche differenti e non si può sempre fare una cosa che vada bene per tutti. Una ragazza che era in carrozzina sbavava parecchio, sono stato con lei almeno 15 minuti a guardarla e toccarle la mano, ogni tanto le pulivo la bocca con la manica del mio camice clown per farle arrivare, sia a lei che alla madre, che sembrava imbarazzata da questo sbavare di sua figlia, che andava bene, che non era un problema ma un’occasione di stabilire un contatto più profondo e sincero, mi piace fare così perché non tutti lo farebbero avendo paura magari che non sia corretto, ma questo piccolo gesto invece porta con sé un grande rispetto dell’altro e un’unione profonda, significa per me non è un problema, ti pulisco coi miei vestiti anziché col tuo bavaglio perché a me non fa impressione, di solito loro apprezzano questo, che non hai timore dei loro disagi e li vivi con naturalezza, quindi di solito lo faccio e anche stavolta è servito a rilassare entrambe e stabilire un contatto sincero.

In questo istituto abbiamo conosciuto per la prima volta alcuni dottori-clown bielorussi perché una di loro lavora là dentro, abbiamo parlato con loro dopo il nostro intervento, erano soddisfatti di come è andato e ci hanno proposto di lavorare in ospedale insieme a loro mercoledì, abbiamo accettato volentieri questo scambio, abbiamo anche deciso di regalare loro sia i palloncini che i nasi da clown che avanzeranno da questa missione in maniera da lasciare loro qualcosa di concreto della nostra visita in Bielorussia. Ci siamo salutati abbracciandoci con affetto sincero e dandoci appuntamento per mercoledì. Siamo andati a mangiare qualcosa e a incontrare gli altri del gruppo per andare tutti insieme al pomeriggio nell’istituto per disabili che dovevamo visitare.

Siamo arrivati nel primo pomeriggio in questo nuovo istituto, era freddo e nevicava anche, siamo entrati e abbiamo avvertito subito un senso di chiusura, corridoi lunghi, tutti vuoti, colorati, ma la sensazione era strana, come di rigidità. La direttrice ci ha accolto, fatto mettere le nostre cose in una stanza e poi ci ha portato a visitare l’istituto prima di fare lo spettacolo, ci ha portato nella stanza del cucito, una stanza grande con tante macchine da cucire dove i ragazzi imparano a fare delle cose di sartoria, lavoretti con ago e filo e roba del genere, c’erano due bimbe che stavano facendo dei lavoretti, appena siamo entrati le abbiamo salutate ma erano distanti con lo sguardo e stavano sulle sue quindi le abbiamo lasciate in pace e abbiamo continuato il giro dell’istituto, ci hanno portato in una classe dove una maestra stava facendo lezione a una decina di ragazzi, appena aperta la porta la direttrice ha detto una frase in russo e tutti si sono alzati in piedi come quando entra il preside, noi ci siamo sentiti in imbarazzo ma Pan ha avuto una botta di genio clauno, si è messo in piedi accanto a un ragazzo dietro al banco e ha guardato noi, io subito mi son messo in piedi acanto a un altro ragazzo in prima fila, gli ho messo il mio cappello e mi son seduto accanto a lui guardando quelli sulla porta e facendo finta d’essere uno studente imbarazzato, si è sciolto subito il gelo e tutti ridevano, la maestra no, lei ci avrebbe impalato volentieri ma ha fatto buon viso a cattivo gioco, è partito allora Pasticca e mi ha chiamato alla lavagna per interrogarmi, io ho disegnato un sole, lui ha detto non va bene, allora ho aggiunto gli occhi e la bocca e son tornato a posto, a Pasticca ancora non andava bene e mi ha rimproverato in un linguaggio strano, allora son tornato alla lavagna e ho aggiunto le orecchie, poi abbiamo regalato qualche naso da clown, siccome a un bimbo non gli stava fermo l’ho incollato con la colla da carta per scherzo, insomma siamo dovuti uscire prima che la maestra ci mordesse. A quel punto siamo andati nella sala dello spettacolo e abbiamo trovato almeno 80 bambini messi tutti a sedere davanti al palco del teatro, alcuni erano vestiti da militari e sinceramente facevano impressione, ci siamo guardati e ci siamo messi a sedere, loro hanno fatto per noi uno spettacolo di danza, quelli vestiti da militari erano vestiti così per la scena del ballo con le ragazze, ci siamo sentiti un poco meglio a sapere che non si vestivano così sempre ma resta il fatto che quando devono vestirsi eleganti la divisa militare rientra nelle scelte e non ci è sembrata una bella cosa, ma loro fanno così e a noi va bene, è un paese diverso, avranno usanze diverse.

I ragazzi e le ragazze ballavano e cantavano bene, poi noi abbiamo fatto il nostro spettacolo, mentre Pan e Pasticca lavoravano io stavo coi ragazzi, mi ci sdraiavo sopra, scherzavo con loro e alla fine siamo riusciti a stemperare la tensione e la rigidità. Resta il fatto triste che non abbiamo incontrato tutti i ragazzi dell’istituto ma solo i meno gravi, quelli più gravi stanno in un’ala separata e non visitabile perché deformati, questo ci è dispiaciuto perché noi desideravamo incontrare tutti, forse gli altri ne avrebbero avuto ancora più bisogno ma dobbiamo rispettare le regole dell’istituto se desideriamo tornare là dentro un’altra volta, magari la prossima volta chiederemo di vedere tutti, prima si deve stabilire un rapporto di fiducia per cui questa volta siamo stati zitti e abbiamo cercato di fare del nostro meglio, magari l’anno prossimo, se torneremo, riusciremo a fare anche questa cosa, si inizia sempre un passo per volta. Oggi ci hanno spiegato che in Bielorussia il regime ha deciso che gli handicap, quelli in carrozzina etc. non possono uscire per strada perché non devono essere visti, l’idea che si deve avere è di un paese sano e sereno, è solo apparenza ma queste persone stanno sempre chiuse in istituto da quando nascono, hanno istituti belli, ampi e con bei giardini ma sempre chiusi là dentro sono, questo ci è dispiaciuto parecchio ma non possiamo cambiare un paese e un’idea di disabilità in 4 giorni per cui ce lo siamo segnati sul cuore e dentro il naso e ce lo siamo portati a casa come una cosa da iniziare a parlarne la prossima volta, un passo per volta, un piccolo passo per volta ma determinati alla risoluzione, a fare la differenza, a sentirsi in grado di agire e cambiare col naso rosso anche queste cose, per adesso è un sogno solamente, poi vedremo.

Siamo andati a prendere un caffè e un thè offertoci dall’istituto e ci siamo accorti che la nostra interprete Vittoria inizia ad avere problemi con la pubblica assistenza e con l’organizzazione di questo viaggio, non ho capito bene il problema quale fosse e neanche mi interessa perché non è cosa mia l’organizzazione, a me interessa però che Vittoria stia bene perché se lo merita, perché è una persona splendida e ci tengo a lei, allora ho provato a prenderla da una parte e a incoraggiarla, stava piangendo e questa cosa mi faceva male, lei si stava impegnando tanto per noi, volevo renderle qualcosa indietro, lei era chiusa però, un muro, e non voleva parlare e allora ho deciso di aprire il cuore, di spalancarlo come faccio quando devo accogliere una sofferenza che non capisco da dove origina, la abbraccio, le tocco le mani e le carezzo i capelli, cerco di trasfonderle pace e la sensazione che di me si può fidare, lei dice che sta soffrendo e non vuole parlare, allora decido di fare ciò che faccio quando non c’è alternativa, mi privo di una cosa per me davvero importante e la regalo all’altro, così prendo dal mio taschino da dottore clown la renna che mi ha regalato una cara amica diversi anni fa e che non ho mai voluto dare a nessuno nonostante io regali spesso le mie cose e nonostante in tanti me l’abbiano chiesta negli anni, a quel regalo di Francesca ci tengo davvero e mi accompagna da anni, così la prendo e le dico: ti lascio lei per farti compagnia, lei dice no, questa è tua non posso accettarla, io le dico, tienila stasera e me la rendi domani, così lei la prende, sorride un poco e esce con la mia renna in mano. Usciamo, nevica e fa freddo, montiamo sul pulmino e io mi metto a sedere accanto a Vittoria, le carezzo i capelli e poi le dico: questa renna sono anni che mi accompagna in ospedale, è carica di tanta roba bella davvero e ha aiutato tante situazioni a sciogliersi, non l’ho mai regalata a nessuno e ci tengo tanto, per favore prendila per tua figlia Diana, non l’ho mai regalata ma probabilmente questo è perché doveva trovare il luogo e la persona adatta, adesso l’ha trovato e resta qua con voi. Vittoria adesso è aperta, si confida, esce una bellezza da dentro di lei commovente, sincera e veramente bella e io penso: è successo ancora il miracolo dello scambio umano profondo. Da quel momento io e Vittoria quando parliamo con le persone e lei traduce le mie cose siamo una cosa sola, se io piango lei traduce piangendo se io rido lei traduce ridendo, e non lo fa perché lo deve fare ma perché lo sente davvero e si percepisce, questo per me è uno dei punti di svolta della missione, da adesso lo spirito di m’illumino uscirà sempre di più grazie a Vittoria, raggiungerà tutti quelli che incontro e io inizio a sentirmi a disagio con chiunque altro traduca le mie cose e sento profondamente che solo lei può tradurre per me e per gli altri due clauni, di questo noi abbiamo bisogno, di lei che traduce, quando lei lo fa io mi sento tranquillo e mi sembra di lavorare a casa mia, quando lo fanno gli altri faccio una fatica enorme, da quell’istante decido che ogni volta che sarà possibile per lei esserci sarà lei a trasmettere e portare m’illumino in Bielorussia e così è stato davvero, fino all’ultimo giorno, fino ad accompagnarmi in ospedale quando ho avuto problemi il penultimo giorno, Vittoria è la persona che porterà m’illumino in Bielorussia col suo modo speciale di trasmettere.

QUARTA PARTE..IL MARTEDI’ 18 MARZO

Martedì abbiamo iniziato la giornata andando a visitare un centro per bambini cerebrolesi, è stata probabilmente la mattinata più intensa, bella e ricca di emozioni di tutta la nostra missione. In questo istituto è ricoverata anche la figlia della direttrice, entrambe sono donne straordinarie, la figlia ha gravi problemi ma la madre dirige quell’istituto con una umanità, un cuore e un coraggio che raramente ho visto, quella è davvero un oasi felice per chi ha gravi problemi sia di salute che mentali, è amato, rispettato e incoraggiato e questo si avverte solo entrando. Entro e chiedo di andare in bagno e in bagno trovo una gabbietta con un coniglio che sta facendo colazione, si fa toccare, accarezzare ed è proprio bellino, penso: via stamani si inizia bene. Andiamo nella sala dove ci aspettano i ragazzi e le ragazze dell’istituto con le operatrici e un operatore, sono tutti molto tranquilli anche se ancora un poco sulle sue perché non ci conoscono ancora. Stamani abbiamo deciso che priviligeremo il contatto diretto allo spettacolo e così abbiamo preparato solo tre trucchi di magia a testa per dedicare poi più tempo alle persone con il contatto personalizzato in base alle loro esigenze. Facciamo lo spettacolo coinvolgendo anche i ragazzi, mentre uno di noi fa le magie gli altri socializzano con le persone e si crea davvero una bella atmosfera familiare, i ragazzi interagiscono volentieri con noi e anche il personale sembra divertirsi e apprezzare la cosa, da ultimo Pasticca coinvolge nell’ultimo numero anche l’operatore uomo che li per li ci avrebbe ammazzato perché non voleva mettersi al centro dell’attenzione ma Pasticca lo coinvolge con garbo, lui si convince e si fa anche mettere una cuffia in testa, ride e si diverte anche se solo per qualche minuto, poi fa capire chiaramente che lui per la mattinata ha già dato e desidera essere lasciato in pace. Iniziamo a suonare per loro con la clavietta, a loro piace, mettiamo musica con lo stereo e loro iniziano a ballare con noi, la figlia della direttrice, una ragazzona di quasi 20 anni che cammina male, mi abbraccia e balla con me, mi stringe e sorride, dice che sono suo e non vuole balli con gli altri, così balliamo insieme qualche minuto, mi giro e vedo gli occhi di sua madre, che adesso è solo madre e non più direttrice, che apprezza ed è grata, allora la prendo da parte insieme a Vittoria e le dico che la ringraziamo di averci fatto entrare e lavorare per loro, le dico che è un bel posto e che sua figlia è spettacolare, lei ringrazia ma entrambi sappiamo che non c’è da ringraziare, si è creata una atmosfera magica perché tutti, noi e loro, ne avevamo bisogno e lo desideravamo e questo quando succede è molto bello davvero, son momenti poetici che restano impressi nel cuore e ti scaldano per la prossima volta. Mi giro e vedo una ragazza che avrà si e no 22 anni, lei è in carrozzina ma apparentemente non ha niente altro come problema, è molto bella ma poco sorridente, mi avvicino, provo il contatto ma resta un poco sulle sue, aspetto ancora del tempo, piano piano si scioglie, mi dice il suo nome e io mi domando: ma una ragazza così che ci fa in qua dentro? Questa dovrebbe stare fuori, giocare con gli amici, fidanzarsi, lavorare…non ha patologie che glielo vietano, e poi con chi parla qua dentro? Gli altri ragazzi non hanno problemi lievi come lei, decido di parlare con lei cuore a cuore in maniera più profonda e sincera per poterle far sentire davvero un incoraggiamento giusto per lei, prendo la carrozzina, la spingo in un corridoio lontano dagli altri, la metto vicino a una poltrone, chiamo Vittoria e mi siedo accanto a questa ragazza, le prendo una mano e chiedo a Vittoria di tradurre per me. Le domando se è cattolica o protestante, lei risponde protestante, io le dico che non sono né cattolico né protestante ma so che la preghiera e l’incoraggiamento cuore a cuore hanno un forte significato e servono molto, prendo dalla tasca del camice il mio album di foto e ricordi personali che porto sempre dietro e le metto in mano un piccolo santino di metallo con una preghiera cattolica e le dico che quello apparteneva a mia nonna, le dico che mia nona è morta a novembre e che per me era una persona molto importante, le racconto le mie malattie e le dico che mia nonna ogni giorni, ogni singolo giorno della sua vita per quasi 42 anni mi ha detto che ero bello, che ero simpatico, che avrei potuto fare qualunque cosa desiderassi, lo ha detto talmente tante volte e con tanta convinzione che io alla fine non ho potuto far altro che crederci, le ho messo quel ricordo di mia nonna in mano e glielo ho regalato dicendole: qua dentro c’è proprio quell’energia là, quella che dice ogni giorno ce la puoi fare, quella che dice che sei bella, quella che dice che vai bene sempre e comunque indipendentemente da come stai, quella che spero da oggi in poi ti accompagnerà sempre, non so se io e te in questa vita ci rivedremo ma adesso hai un pezzo dell’energia che mi ha fatto restare vivo, aiuterà anche te perché te lo meriti, a quel punto io piangevo, Vittoria anche e la ragazza era serena e commossa, grazie a Vittoria son riuscito a fare ciò che di solito faccio qua quando capita, ossia incoraggiare anche con i gesti e le parole, la riporto a posto, guardo Vittoria e mi viene spontaneo chiederle: ma lei che ci fa qua? A quel punto è stato necessario uscire di scena dieci minuti perché non reggevo più, sono andato in giardino al freddo a far uscire rabbia e lacrime di semi-impotenza. Dopo 10 minuti son tornato dentro e ho continuato con gli altri, prima di andarmene ho chiesto a quella ragazza cosa faceva nella vita e lei ha detto che era in istituto per una decina di giorni perché, testuali parole, i miei genitori a volte devono riposarsi, non è facile avere in casa una ragazza coi miei problemi. Mi sono chiesto quali fossero questi problemi, certo la carrozzina non è divertente ma non mi pare insormontabile, comunque lei ha detto che voleva studiare per poter lavorare con chi aveva le sue difficoltà di movimento e aiutare gli altri a superarle, m’è parsa parecchio avanti come ragionamenti. Dopo mi hanno spiegato cosa le era successo, ossia che era uno “scherzo” degli amici, hanno chiuso lei e il fidanzato in auto e l’hanno avvelenati coi gas di scarico per scherzo…lui era morto e lei era in carrozzina…che begli amici e che scherzi simpatici è?

Nel pomeriggio siamo andati in un istituto cattolico gestito da un prete per ragazzi fortemente disabili, probabilmente i più gravi che abbiamo incontrato nel nostro viaggio, il luogo era molto bello, ampi giardini colorati, casette realizzate con gusto ma si avvertiva chiusura, forse il luogo più chiuso che abbiamo visitato, la sensazione era strana, ci hanno fatto entrare in una sala dove avevano riunito la parte dei ragazzi e delle ragazze che potevano alzarsi ma fare loro uno spettacolo era parecchio strano dato le loro condizioni di salute sia fisica che mentale, e quelli erano messi meglio degli altri, loro si aspettavano uno spettacolo, si capiva da come avevano sistemato i ragazzi, ma noi avevamo deciso che quella era la giornata del contatto diretto uno a uno e io mi sono trovato spiazzato appena entrato, ho guardato Pan e Pasticca e la sala e ho preso una decisione veloce su come agire velocemente, ho iniziato a spostarli tutti, prendendo le carrozzine, le sedie e rimescolando tutta la sala, sia le suore che le operatrici mi guardavano come fossi pazzo, io ho visto il pianoforte e ho chiesto a Pasticca di suonare qualcosa, lui si è messo a suonare e io gli ho subito avvicinato due carrozzine, una a destra e una a sinistra a mò di casse, poi sono andato a spostare gli altri, mentre li spostavo l’operatrice aveva rimesso a posto quello in carrozzina che avevo sistemato sulla sinistra di Pasticca accanto al pianoforte, allora ho preso un ragazzone alto tendendogli la mano mentre tendevo l’altra all’operatrice che m’aveva spostato il ragazzo in carrozzina, ho unito le loro mani e li ho messi a ballare insieme, l’operatrice è stata colta dio sorpresa e non è riuscita a rifiutare, così ho rimesso a posto il ragazzo che aveva spostato, intanto Pan stava già ballando con un altra persona in mezzo alla sala, io ho unito tutti a coppie, ragazzi con ragazze, operatrici e ragazzi, insomma dopo 5 minuti tutti stavano ballando ed era chiaro a tutti che quello sarebbe stato il nostro intervento con loro, ho iniziato a stabilire legami persona a persona, le persone della pubblica assistenza che erano con noi hanno coinvolto dei ragazzi anche loro ed il nostro intervento si è concluso 20 minuti dopo avendo stabilito contatti umani, danze e parole con tutti, abbiamo salutato perché avevamo ancora 6 casette con forti disabili da andare a trovare e solo un ora di tempo, onestamente troppo poco per fare ciò che sarebbe servito davvero ma oramai eravamo là e abbiamo continuato sperando di farcela, le altre casette erano piene di ragazzi molto problematici, alcuni li abbiamo alzati, alcuni li abbiamo presi in collo e portati a giro, almeno tre o quattro in carrozzina li ho portati a giro cantando e correndo per l’istituto e facendoli sgommare e girare intorno velocemente, una fatica inaudita ma per chi sta sempre in carrozzina e fa sempre lo stesso percorso poter essere spinto energicamente, girato, voltato, fatto ballare con la carrozzina è una esperienza nuova che li diverte molto, ho cercato di far capire agli operatori che dovevano fare a tutti loro almeno 15 minuti al giorno di sgommate e giri in carrozzina ma dubito lo faranno, intanto ridevano e stavano bene, almeno 10 minuti l’hanno fatto, alcuni sempre chiusi li ho messi al sole accanto ai fiori per qualche minuto, purtroppo Vittoria lavorava quel pomeriggio e non c’era, l’altra interprete funzionava bene per le cose ufficiali ma per cose del genere molto meno, in ogni caso abbiamo fatto il possibile per far loro capire cosa fare una volta che noi saremmo andati via. In qualche casetta non ci hanno fatto entrare o ci hanno fatto entrare ma solo qualche minuto, in ogni caso abbiamo cercato dio trasmettere il massimo ma non sempre il massimo per loro corrisponde al massimo per noi, diciamo che là avevamo due idee diverse di come trattare le persone, l’anno prossimo se torneremo dedicheremo loro una giornata intera e non solo un pomeriggio e magari con la calma riusciremo a far passare meglio il nostro messaggio, per quest’anno va bene così, considerato anche il fatto che non sempre là dentro fanno entrare a noi va bene anche così.

La sera Vittoria è venuta a cena con noi al nostro albergo e ci ha presentato sua figlia Diana, una bimba che innamora a guardarla, bionda, bella da morire e gentilissima, non ci conosceva nemmeno ma subito ha salutato ognuno di noi dandoci un bacetto e poi ci ha regalato tre pupazzi per ringraziare della renna mandata da me il giorno prima, a me una maialina rosa con un cappello rosso, a Pan un ape con le alette e a Pasticca una mucca con le gambe lunghe, uno dei regali che sinceramente ho apprezzato di più, si sentiva che veniva dal cuore e che era felice di donarceli, l’ho messo nel camice al solito posto della renna, ossia nel taschino davanti, e adesso porterò quello a giro al posto della renna, così ricorderò Diana e Vittoria e mi accompagneremo nei turni e tra le persone e potrò raccontare una bella storia a chi mi chiederà da dove arriva quel peluche, una storia sincera e amorevole che fa sempre bene raccontare e ascoltare. Mentre aspettavo la cena stavo mandando un messaggio a mia moglie e un tipo strano si avvicina e scruta sul mio cellulare, io lo guardo, lo saluto, lui risaluta e va via, fin li tutto normale per me. Poi andiamo a cena, mangiamo e, appena finito di cenare, ci arriva sul tavolo una bottiglia di spumante e Vittoria traduce le parole della cameriera, abbiamo tutti la cena pagata…da chi dico io? E la cameriera indica due uomini al tavolo, uno che non conoscevo e quello strano che mi guardava nel cellulare un ora prima, la cameriera dice che il suo amico aveva visto la scena, ci dice che il suo amico non sta tanto bene di testa e che per chiederci scusa ci offre la cena, io dico che non ci sono problemi e che non ha fatto niente di cui scusarsi, ma quello insiste, Vittoria mi fa cenno di non insistere che si offendono e io allora stappo la bottiglia, porto lo spumante anche a loro e alla cameriera, facciamo un brindisi, che penso di ricordare in bielorusso si dica Dasdarovia o roba del genere e finiamo la serata io Vittoria, la sua bimba, Pan, Pasticca, la cameriera, questi due russi e un tavolo di 4 bielorussi come se si fosse a cena a casa nostra, un popolo accogliente e carino davvero, una bella serata aumentata nella bellezza dal fatto che Vittoria si è dovuta assentare per 20 minuti e ha lasciato Diana con noi e lei rideva, mangiava ed era proprio tranquilla, quanto tempo che non vedevo una bambina felice di stare a cena con gli amici anziché a spippolare sul cellulare chattando magari con quell’amichetta o amichetto seduto accanto, son cose che fanno bene a me queste e anche ai bambini.

QUINTA PARTE…IL MERCOLEDI’ 19 MARZO

Mercoledì abbiamo visitato un ospedale al mattino e un istituto al pomeriggio, la mattina abbiamo lavorato coi clown russi e il pomeriggio da soli. La mattina siamo partiti un poco in ritardo e quando siamo arrivati all’ospedale i clown russi avevano già iniziato a lavorare, li abbiamo trovati in una stanza del reparto con una decina di bambini che stavano lavorando in gruppo, erano tre ragazze e un ragazzo, noi ci siamo buttati senza sapere bene cosa fare in quella situazione, la traduttrice stamani non era Vittoria e non stava traducendo niente, stava in un angolo a guardare così ognuno di noi ha scelto spontaneamente un partner tra i clown russi o un bambino con cui interagire e abbiamo iniziato a fare delle piccole cose di magia e di gags clown. Nonostante la difficoltà della lingua è andata bene, con quelle tre parole che avevo imparato ho fatto loro delle magie e dei palloncini e cercato di accogliere la sofferenza delle madri accarezzandole piano piano la mano e facendomi dare dei bacetti sul naso da clown (come naso clown non ho il classico naso rosso tondo ma un Cyrano rosso che funziona bene in questi casi). Poi, sempre con il solito partner scelto , siamo andati nelle camere dei bimbi più gravi, quelli con leucemie e tumori del sangue. Anche qua è andata bene, la mia compagna era brava e interagiva molto bene con i bimbi e con me e viceversa, abbiamo visitato tre camere, in una camera ho deciso di chiamare Pasticca a suonare perché mi sembrava che servisse quello, l’ho lasciato da solo perché era più adatto di me che non so suonare in quel caso particolare, la bimba infatti ascoltava e piano piano si è addormentata tranquilla. In quasi tutte le camere la mia compagna mi diceva quando andare via, non possono stancarsi troppo, ma quello che mi ha stupito è che io pensavo di non riuscire a far niente e invece alla fine ho dovuto interrompere perché ci stavamo mettendo troppo, soprattutto una bimba mi è piaciuta molto, non voleva farsi avvicinare né toccare e allora ho preso dalla borsa clown il burattino di Pinocchio con le mani in legno, da lui s’è fatta accarezzare, gli ha dato la mano e ci parlava, a volte davvero basta trovare un tramite tra te e loro e tutto cambia, quando succede fa spavento la magia che si crea perché tu da adulto pensi: ma non sarà la stessa cosa la mia mano o un burattino infilato nella mia mano? Ma per loro non è la stessa cosa, non è la stessa persona, lo vedono piccolo e si fidano, adoro i bimbi quando fanno così.

Dopo la visita abbiamo chiesto ai clown di venire a trovarci la sera in albergo verso le 18 per parlare un poco insieme e fare condivisione delle cose successe la mattina, abbiamo fissato e siamo ripartiti.

Il pomeriggio siamo andati solo noi 3 clown italiani insieme al gruppo della pubblica assistenza in un istituto di riabilitazione, era un istituto grande e lì abbiamo trovato circa 60 bambini in una sala grande, abbiamo fatto loro circa 40 minuti di magie e burattini, loro interagivano e nel pomeriggio la traduttrice ha funzionato decisamente meglio, traduceva a voce alta per noi le gags da far fare ai bambini e tutti partecipavano, stavolta le gags clown con Pasticca che di solito faceva Pan le ho fatte io per farlo riposare un poco, poi siccome non avevo più fiato mi son seduto coi bambini a scherzare mentre Pasticca e Pan facevano i loro numeri di magia. Alla fine ho deciso di giocare a sbarbacipolle con i bimbi ma non ci siamo capiti bene, alla fine siamo caduti tutti dalla sedia e io ho battuto sul bracciolo della sedia e mi son fatto male, dopo la sera ho capito che mi ero fratturato una costola, ma li per li a caldo non sembrava un grave danno e così ho continuato a interagire e giocare, così ci hanno portato dai bimbi più gravi, quelli con lesioni cerebrali. Siamo entrati ed erano a sedere in una stanza coi loro genitori, siamo subito entrati in sintonia con tutti, tanto che la direttrice dopo ci ha detto che questa velocità di interazione l’ha molto colpita e che non tutti ci riescono subito, un bel complimento insomma considerando anche lo scoglio della lingua che non è poco vi assicuro in questi casi con rapporto uno a uno. Quello che ho capito stupiva di più in Bielorussia era che eravamo tre uomini, là di solito gli uomini non fanno queste cose e questo li colpiva molto.

La sera alle 18 siamo tornati in albergo perché avevamo l’appuntamento con i clown russi per la condivisione dell’intervento della mattina in ospedale. Abbiamo deciso di parlare al bar offrendo loro qualcosa da bere per mettere tutti a proprio agio, poi abbiamo chiesto loro se desideravano restare a cena con noi, a parte una che aveva il bimbo a casa da accudire gli altri tre hanno accettato volentieri e così abbiamo offerto a loro e a Vittoria la cena per ringraziarli e stare un poco insieme in allegria. E’ stato bello essere in un paese dove non eravamo mai stati e avere già degli amici da invitare a cena con noi. A quel punto ognuno di noi ha raccontato agli latri la sua esperienza personale, cosa aveva notato del lavoro insieme, cosa aveva imparato e notato, anche loro ci hanno detto che si sono stupiti della nostra velocità di interazione coi bimbi, abbiamo anche fatto dei piccoli errori e ce lo hanno detto ma nel complesso tutti loro erano molto felici dello scambio e speravano di poterlo rifare primo o poi, abbiamo detto loro che se troviamo uno sponsor in Italia che possa pagare loro il volo aereo li inviteremo in Italia a lavorare con noi una settimana, speriamo sia possibile fare anche questa esperienza con loro, purtroppo è inutile negare che le difficoltà ci sono, loro guadagnano appena 250 euro al mese di media, che son pochi anche per loro, e un biglietto aereo, il visto etc costa circa 300/350 euro a persona e loro non possono certo permetterselo e anche noi se pensiamo che dovremmo invitarne 4 o 5 e anche l’interprete ovviamente, si arriva a spendere oltre i 2000/2500 euro e diventa una spesa importante anche per la nostra onlus che non naviga nell’oro, non ci manca niente ma nemmeno ci avanza così tanto, speriamo di riuscirci prima o poi perché se lo meriterebbero davvero e a n oi farebbe davvero piacere averli da noi una settimana e lavorare insieme a loro ancora una volta. Alla fine del nostro incontro abbiamo deciso di lasciare loro i nasi da clown e i palloncini avanzati dalla missione, inoltre ci sembrava giusto superare davvero le barriere offrendo loro delle cose “preziose” per tutti noi, così io ho regalato alla ragazza che aveva lavorato con me la mia borsa clown colorata, Pan ha regalato alla sua compagna il suo primo naso da clown e Pasticca un burattino raffigurante sé stesso al suo compagno clown, all’altra ragazza invece ho regalato il mio maiale di gomma ed è stata una scena molto bella perché non se lo aspettavano, ho detto inoltre che gli avrei inviato tramite Vittoria per mail le nostre lettere inviate a Patch Adams e le sue risposte e che Vittoria gliele avrebbe tradotte in russo. Poi, siccome c’era un ragazzo tra di loro, e gli uomini che fanno il clown anche da loro sono pochi, gli ho dedicato un incoraggiamento mirato e personale, ho detto che doveva impegnarsi sempre di più a sostenere le donne perché in Bielorussia gli uomini in generale sono carenti da questo punto di vista, non sono gentili con loro e se nasce un bimbo con gravi problemi di salute o malformato di solito gli uomini abbandonano le donne e loro devono preoccuparsi da sole di tutto. Gli ho detto di essere amorevole, di parlare con gli altri uomini ogni volta che ne avrà occasione, a cuore aperto, che dimostri col suo esempio che si può fare e scegliere cose diverse stando bene ugualmente ed essendo anche più felici, ho spiegato loro che la nostra onlus è tutta diretta da donne e che gli uomini di m’illumino sono fieri di questo, ho detto loro che se vogliamo cambiare davvero dobbiamo delegare le decisioni alle donne perché il mondo è sempre stato diretto dagli uomini e che i risultati ottenuti no sembrano un granché, quindi proviamo a fare diversamente e tutto andrà meglio, lui ha detto che era d’accordo con me e che parlerà con i suoi amici trasmettendo il messaggio, ho inoltre detto a tutti loro che siccome hanno un compito difficile che possono contare sul nostro aiuto, se gli servisse qualcosa che possono considerarci amici e a loro completa disposizione, li ho inoltre incoraggiati dicendo loro che se questo compito è capitato a loro significa che hanno anche la forza necessaria di affrontarla. A quel punto è iniziato un forte dolore alla costola destra così ho chiesto scusa, ho salutato i clown russi augurando loro ogni bene e son andato in camera, Vittoria ha chiamato un ambulanza e insieme siamo andati al pronto soccorso e là mi hanno detto che avevo l’ottava costola destra fratturata così il giovedì mattina son rimasto in albergo e non sono andato all’ultimo incontro per poter affrontare al meglio i tre giorni di pulmino che dovevo fare per rientrare in Italia . Onestamente anche per questo devo ringraziare Vittoria che mi ha accompagnato al pronto soccorso e ha tradotto per me, è stata una gran consolazione averla accanto e capire cosa mi stava succedendo, soprattutto quando stai male non capire è invalidante, ma con Vittoria che traduceva ho vissuto bene anche questa esperienza poco divertente.

ULTIMA PARTE DA GIOVEDI’ 20 A DOMENICA 23 (IL RITORNO A CASA)

Giovedì mattina avevamo l’ultimo intervento da fare ma io non ero in grado di lavorare per via della costola fratturata così sono andati solo Pan e Pasticca ma siccome sono amici oltre che clown e anche due uomini meravigliosi hanno deciso di portarsi dietro il mio cappello da clown per farmi partecipare a distanza fino in fondo alla missione, questa cosa mi è piaciuta e li ringrazio dell’attenzione, son piccoli gesti è vero, ma fanno la differenza, fanno capire che hanno a cuore la tua vita e tengono alla tua persona e quando si sta male questo è davvero lenitivo, mi è dispiaciuto non essere presente ma sentivo davvero che non era una cosa giusta da fare, dovevo proteggere me stesso e anche il viaggio di ritorno di tutto il gruppo e creare problemi non era una grande idea, è difficile per me stare fermo e tirarsi indietro ma piano piano sto imparando a farlo, è uno sforzo per me fermarmi ma devo imparare anche questo. La mattina sono stato tranquillo in albergo a fare le valigie piano piano, poi quando son tornati Pan e Pasticca mi hanno portato dei regali che ci avevano fatto per ringraziarci, mi ha fatto davvero piacere che alla fine erano contenti del nostro lavoro. Abbiamo caricato i bagagli, salutato le persone, che è stato difficile salutarli ve lo lascio immaginare da soli, e siamo partiti alla volta di Cracovia in Polonia, dovevamo viaggiare tutta la notte e io ho cercato di dormire e riposarmi anche se è stata dura per il dolore alla costola, arrivati in Polonia la mattina dopo ci siamo riposati e poi siamo andati a pranzo a Cracovia, la città è molto bella e l’abbiamo girato un poco, Pan e Pasticca interagivano con le persone, io invece mi ero tolto il costume clown perché davvero non camminavo a stento, il pomeriggio son tornato in albergo e ho lasciato loro a Cracovia, ancora doveva imparare a tirarmi indietro, non era possibile sforzarmi oltre e il giorno dopo saremmo andati ad Auschwitz e Birkenau e ci tenevo a poter visitare questi luoghi. Ho dormito dalle 19 la sera fino al sabato mattina alle 8, colazione e via verso Auschwitz e Birkenau. Appena arrivati abbiamo provato a entrare vestiti da clown ma là non si può per un discorso di rispetto, per me era rispetto anche entrare vestito da clown ma siccome loro non erano d’accordo ci siamo cambiati e siamo entrati. Su questi luoghi c’è poco da dire, sapete tutti le atrocità compiute e la tristezza che regna in quei luoghi di abominio umano, l’unica nota che mi sento di fare è che mi aspettavo di avvertire più sofferenza di quella che in realtà ho sentito, ad essere là dentro sembra quasi impossibile, sembra un film, le emozioni si fermano come una bolla dentro di te, non puoi davvero credere sia stato fatto realmente, sembra la scenografia di un film che hai visto tante volte e non senti niente, probabilmente proprio il non sentire niente o quasi è la sensazione giusta, almeno per me, per me è inarrivabile a livello di comprensione come si possa arrivare a tanto, Birkenau poi è enorme, 200 ettari di sofferenza, si perde a visto d’occhio e là dentro tutto diventa surreale, vi faccio un solo esempio che mi ha molto colpito. Ero rimasto indietro al gruppo perché la visita dura oltre 4 ore e dopo tre la costola mi dava fastidio e ho dovuto rallentare il passo, così il gruppo era davanti e io ero solo dietro che camminavo quando mi vengono incontro due ragazzi inglesi che mi chiedono: “Excuse me, do you know where is the crematory?” e io rispondo indicando col dito la fine del vialetto “Yes, at the end, on the left” e vado avanti, poi mi fermo a riflettere al dialogo “Scusa sai dov’è il forno crematorio?” e io :”Si alla fine, a sinistra” come se indicassi il bagno di un locale pubblico, in quel luogo dialoghi del genere sono normali e all’ordine del giorno e tu li fai senza neanche accorgertene, e lo fai camminando sulle ceneri di migliaia di esseri umani torturati e bruciati per anni che sono sparse ovviamente dovunque là…ti fermi a riflettere e hai voglia di andar via, pensi che non è possibile parlare così e pensi che roba del genere non va dimenticata mai assolutamente, poi pensi che esiste ancora oggi roba così e ti viene male a pensarci. Dialoghi disumani in un luogo disumano che hanno studiato talmente bene che ancora oggi si parla così senza neanche accorgersene là dentro e se pensi che è stato studiato a tavolino ti viene il vomito, soprattutto dopo una settimana di immersione nell’umanità vera e profonda dell’accoglienza qual’era quella appena passata per tutti noi. Da quel luogo ripartiamo storditi e ammutoliti, ci guardiamo e ci vergogniamo quasi do non sentire niente, ma secondo me è protezione, se sentissimo davvero tutto quel dolore là dentro la gente impazzirebbe. Partiamo e viaggiamo tutta la notte, verso le 4 di notte gli attacchi alla costola si fanno forti, le persone nel pulmino mi creano uno spazio per distendermi più comodo e dopo una mezz’ora il dolore diminuisce, adesso siamo diretti a casa e non vedo l’ora di ritornare, di abbracciare mia moglie e di riposarmi, ma prima devo andare al pronto soccorso a vedere se il viaggio ha fatto danni ulteriori, arriviamo la mattina alle 9,30 circa, baci e abbracci con i compagni di viaggio che dispiace lasciare, un caffè, riabbraccio mia moglie e andiamo al pronto soccorso, facciamo veloce per fortuna e a mezzogiorno circa sono già a casa con la prognosi che la costola che è sempre fratturata ma il viaggio non ha fatto ulteriori danni, mangio, mi riposo, prendo finalmente il primo antidolorifico dopo 4 giorni che tiro avanti senza e vado a riposare. Le emozioni si accavallano, ogni volta che torno da esperienze del genere guardo casa mia e mi vien da piangere, vedo che non ho niente da fare e penso: quanto tempo sto sprecando inutilmente a riposarmi, e pensare che c’è tanto da fare al mondo e io son qui a letto, poi rifletto e mi dico che non si può risolvere tutto da soli, che dobbiamo anche tirare il fiato, riposarci, ma davvero acquista un senso diverso al rientro, dall’Abruzzo dopo il terremoto ho pianto 10 giorni quasi ininterrottamente, adesso va meglio ma la tristezza resta forte, non riesci a lasciare l’esperienza e cerchi di strascicarla raccontandola, scrivendola, sai bene che arriverà il momento di mettere un punto e ricominciare con la tua vita di sempre ma è dura, non ti torna, ti chiedi perché non puoi occuparti sempre degli altri visto che serve, perché devi fare scelte obbligate come lavorare per vivere e non puoi trasformare questo nel tuo lavoro, onestamente non ho risposte, ma sono quasi 42 anni che ci provo e proverò per altri 42 se mi danno tempo, probabilmente quando si vive così non ci si darà mai pace ma è la mia vita, la mia forza vitale e senza di questo davvero non saprei come vivere, ti guardi intorno e penso che le persone potrebbero davvero fare la differenza e molte lo fanno ma tante altre no, a volte sono gesti piccoli ma vanno ricercati, trovati, analizzati, tirati fuori con prepotente coraggio e vissuti, amati e allargati a dismisura, altrimenti tutto ci inghiotte e restiamo pedine, ecco questo non voglio essere una pedina, io voglio muovere la vita mia e degli altri all’unisono, amare fino ad urlare dal dolore, provare dolore fino ad arrivare dentro, dentro i buchi neri dell’animo, mio e degli altri, tirarli fuori, metterli accanto e accarezzare io il loro nero e loro il mio, altra strada non la ritengo possibile per la mia vita.

Adesso arriva la parte finale dei ringraziamenti doverosi. Inizio da mia moglie che è costantemente al mio fianco e senza la quale non avrei la forza di fare tutto questo, sapere che lei c’è dà forza, sicurezza e pace interiore sopra ogni altra cosa al mondo. Mia nonna che ha creato il “Nuvola” che sa accogliere gli altri con 41 anni e mezzo di lavoro d’amore certosino, programmato a creare amore e umanità, quella roba infinita che vivrà sempre con me e con lei accanto, passo a Pan e Pasticca, due uomini straordinari, due clown bravissimi, due esseri umani meravigliosi che si son mossi all’unisono con me per dieci giorni accogliendo e rimescolando tutto ciò che abbiamo trovato, arrivando a tutte le ragazze e i ragazzi del progetto m’illumino che erano costantemente con noi in questa avventura perché sapere di rappresentare gente così ti dà forza e vitalità, perché sono arrivati ragazze e ragazzi giovanissimi con un cuore grande, la speranza di tutti noi per il futuro, gente che m’ha rimesso in pace col mondo da sette anni a questa parte, gente che stimo al di sopra di ogni altra al mondo, tutti nessuno escluso. Ringrazio Vittoria che è stata lo spirito fatto vita di m’illumino in Bielorussia, una persona senza la quale tutto non avrebbe avuto senso, sua figlia Diana per il regalo che ci ha fatto e per essere amorevole, delicata e sorridente come da tanto tempo non vedevo un bambino, e anche questo pacifica il mio cuore clauno. La pubblica assistenza di Empoli che ci ha permesso di arrivare fino laggiù in sicurezza e ci ha permesso questa bella esperienza, e in ultimo ma non ultimo la Menarini che ci ha donato 25000 striscette e 50 macchinette per la misurazione del diabete da portare ai bimbi bielorussi che soffrono di diabete da radiazioni e senza le quali non avremmo potuto aiutare concretamente tante vite. Per finire i propositi futuri, ossia aumentare lo scambio tra persone, portare sempre più materiali e amore, sempre più scambio e costruire ponti di rispetto tra popoli affinché la gente al mattino possa alzarsi, guardare in alto e dire: sono un essere umano, anche oggi si riparte ad aiutare qualcuno, qualsiasi persona, una a caso, la prima che incontrerò per strada, e me ne prenderò cura perché desidero che altri si prendano cura di me, senza la cura reciproca non esiste umanità.

Categorie: Bielorussia 2014