Palestina 2016: la missione del dott. Pan, della dott.ssa Caramella e del dott. Nuvola
Report del dott. Nuvola
Dal
26 di Aprile al 05 Maggio 2016 tre clown dell’Associaizone “Clowncare
m’illumino d’immenso Onlus” di Firenze (ossia il Dottor Pan, la Dottoressa
caramella e il Dottor Nuvola) hanno realizzato una missione
clown in Palestina in collaborazione con il CISS (Cooperazione Internazionale
Sud Sud) , un’associazione di Palermo che si occupa di Cooperazione
internazionale e gestisce vari progetti all’estero, tra cui appunto la scuola
di circo e i doctor-clown di Gaza.
Gli scopi principali della nostra missione erano
principalmente due, ossia dare un aiuto alla formazione dei doctor-clown di
Gaza e visitare l’ospedale 3 e i vari luoghi dove lavorano, prevedeva infine un
incontro breve di prima conoscenza con un’altra associazione di clown Doctor in
Palestina, i Red Noses.
La missione è partita la mattina del mercoledì 27 Aprile perché il
giorno del 26 è servito per il viaggio. Siamo quindi atterrati a Tel Aviv la
sera del 26 e ci siamo recati alla sede del CISS a Betlemme, là abbiamo
incontrato Silvia che è stata la nostra guida, il nostro aiuto e il nostro
angelo custode per tutto il tempo della missione, ci ha
accompagnato in tutte le esperienze che abbiamo fatto e ha seguito la missione sia dal punto di vista organizzativo e logistico sia
dal punto di vista umano facendosi spesso coinvolgere e contagiare dallo
spirito clown della missione andando, secondo il mio
parere, ben oltre il suo compito e il suo lavoro, è stata una compagna
preziosa, attenta e rassicurante in una missione e in un
luogo che di rassicurante hanno poco, è riuscita insomma a metterci a nostro
agio in qualsiasi situazione.
Entrati a Gaza in mattinata ci siamo recati subito all’ufficio del CISS di Gaza
City e là abbiamo incontrato per la prima volta Yousef e Amal che ci hanno
accolto con gentilezza e disponibilità estrema.
Nel primo pomeriggio avevamo fissato il primo incontro con i tre clown-doctor
di Gaza, ossia Alà, Murad e Majed. Prima che loro arrivassero in ufficio con
Yousef abbiamo parlato di cosa trasmettere loro, di cosa il CISS si aspettava
dalla nostra missione e di cosa avremmo fatto nei
prossimi giorni, ci ha chiesto di aiutare i tre clown a superare alcune difficoltà,
la prima delle quali era quella del troppo coinvolgimento con i pazienti e le
loro famiglie e l’altro problema quello di essere troppo legati ai materiali
(come i palloncini, i giochi di magia etc) per svolgere il proprio lavoro.
Queste due richieste ci hanno subito messi a nostro agio in quanto il progetto
M’illumino d’immenso da sempre lavora e, oserei dire, è nato con questi scopi,
ossia dialogare con le persone in maniera informale e utilizzare il naso rosso
o le magie non come fine ma come mezzo, ossia, facciamo si anche dei giochi di
magia e dei palloncini ma solo se sono un tramite per poi arrivare ad un
dialogo profondo con le persone sulla malattia e sulla bellezza che sempre
esiste dietro di essa. Siamo altresì convinti che dietro ogni sofferenza, anche
la più devastante e profonda, ci sia un potenziale di bellezza infinito ed
esponenziale, ossia più è brutta la situazione in cui una persona si trova e
più possibilità ha di tirar fuori da quella situazione una cosa così
meravigliosa che servirà sicuramente ad incoraggiare non solo lui ma anche le
persone che ruotano attorno alla sua vita…e quale condizione è migliore allora
di Gaza? Un luogo informale dove le persone sono costrette a subire ogni tipo
di angherie da anni e anni? Dove M’illumino può tirare fuori tutto il suo
potenziale? Dove il clown è meraviglia, soluzione, pace e futuro? Dunque siamo
certi che non avremmo potuto trovare un luogo migliore dove lavorare e dovevamo
far sì che i clown e le persone che avremmo incontrato riuscissero a vedere
tutta questa meraviglia in fondo alla sofferenza per potersi riscattare e
vivere un futuro dignitoso non solo per se stessi ma anche per le generazioni
future, così si muove m’illumino, immaginando bellezza e meraviglia dove
apparentemente c’è solo dolore e disperazione, più dolore e disperazione esiste
e maggiore sarà il risultato che otterremo se lavoriamo nella maniera giusta,
quindi, forti di queste convinzioni ci siamo predisposti all’incontro coi tre
clown.
Onestamente dobbiamo dire che non ci aspettavamo però una risposta meravigliosa
come quella che abbiamo ottenuto potrei dire quasi da subito, non solo dai tre
clown ma anche da Yousef. Durante il primo incontro abbiamo mirato a stabilire
legami fra di noi che devo dire si sono stabiliti fin dalla prima stretta di
mano, tre persone cordiali, splendide, disponibili e tre bravissimi clown,
divertenti, mai offensivi o sopra le righe in maniera volgare ma sempre attenti
agli altri e all’umanità, diciamo che ci siamo scoperti fratelli clown fin dal
primo momento, abbiamo intuito che lavoravamo in maniera simile e che potevamo
davvero provare a fare un salto nel vuoto andando l giorno dopo insieme e in
ospedale non utilizzando forse nemmeno un traduttore.
Il pomeriggio ci riposiamo, ma scopriremo da subito che qua la parola riposo
non esisterà ma esisterà solo lavorare su una cosa o su un’altra perché
comunque a Gaza con quelle persone ci siamo adesso e non ci staremo a lungo e
quindi cercheremo di sfruttare tutto il tempo possibile, a riposarsi penseremo
una volta tornati a casa dopo la missione. La sera quindi
ci incontriamo con Yousef per parlare e organizzare la prossima giornata e ci
ritroviamo subito a parlare come vecchi amici., ma vecchi amici che vogliono
lavorare ognuno sui propri dolori certi che possiamo confrontarci senza paura,
che abbiamo davanti una persona che comprende e che cerca di non confondere le
acque, che capisce la difficoltà di certi argomenti e che li rispetta
profondamente da tutti i punti di vista anche se ne ha uno personale in cui
crede un poco di più, e così iniziamo a parlare del conflitto
israeliano-palestinese. Io personalmente non cerco soluzioni ma metodi per
arrivare alle soluzioni, personalmente penso sempre che più grande è il
problema e maggiore sarà la meraviglia che ne potrà scaturire così cerco di
trasmettere questo in maniera forte a Yousef, parliamo con lui come se
parlassimo con tutti i palestinesi e con tutti gli oppressi del mondo,
cerchiamo di comunicargli il grande rispetto che abbiamo per la sua e per le
loro sofferenze ma che è giunto il momento che qualcuno infili la mano, il
braccio e anche parte della spalla dentro la ferita e che scavi a fondo per far
uscire ciò che da troppo tempo è fermo e da quella ferita dopo nemmeno un ora
inizia a sgorgare bellezza infinita, apertura enorme e là capiamo che non solo
è possibile una soluzione ma che ce l’abbiamo proprio davanti agli occhi, non
so se è comprensibile ma davanti a noi abbiamo e stiamo parlando ad un uomo che
è davvero paragonabile a figure storiche di importanza rilevante, davvero sto
parlando con Mazzini e con Garibaldi, davvero l’enorme fortuna di parlare con
gente che in Italia oramai non esiste da almeno 60 anni, quei rivoluzionari
della pace che hanno cambiato un popolo, e allora affondo, a rischio di far
male ma penso che non so se nella mia vita ricapiterà un’occasione di dialogo
simile su argomenti tanto delicati e complessi fatta con una persona che ha
raggiunto quel livello di comprensione e noi ci sentiamo come un motorino che
incoraggia una Ferrari, ma d’altra parte sentiamo che quello è il nostro
compito per quella sera e lo portiamo in fondo con amore, dedizione e passione,
andiamo a letto sicuri che abbiamo innescato un movimento che riserverà
sorprese per tutti.
Il 28 mattina quindi siamo andati in ospedale coi doctor-clown per la prima
volta e devo dire è stata una bella esperienza formativa per tutti, abbiamo
lavorato in sinergia e empatia, abbiamo fatto anche delle gags insieme e
costruito i rapporti fra i vari clown in maniera spontanea e molto semplice.
Casualmente tra i reparti che visitiamo c’è anche dialisi, che abbiamo anche in
Italia, e là scopriamo la differenza principale tra noi e loro, a un certo
punto va via la corrente e noi tre clown italiani entriamo nel panico, iniziamo
a chiederci cosa è successo, come faranno le macchine della dialisi a
funzionare e quale è il problema, poi ci guardiamo attorno e vediamo che là
invece son tutti tranquilli e stanno guardando noi e son loro preoccupati per
la nostra reazione, non è che la capiscono proprio, che c’è da preoccuparsi? Là
la corrente salta continuamente, hanno i generatori di riserva e tutto è
tranquillo e là capiamo quanto siamo fessi noi italiani che ci preoccupiamo
sempre per tutto e di tutto facciamo un dramma, così, visto che è andata via la
luce e tutti son tranquilli iniziamo a cantare semplicemente tanti auguri a te
come se ci fosse un compleanno e alla fine sdrammatizziamo tutto e tutto passa
e scorre normalmente.
Il pomeriggio ci rechiamo a visitare la scuola di circo di Gaza, un’esperienza
bellissima, ragazzi giovanissimi che si esercitano a fare giocoleria, che
studiano e che si impegnano, e anche là rivediamo nei loro occhi la Palestina
libera fra 30 o 40 anni, vediamo che là dentro c’è la fucina di pace che
stavamo cercando, allora li mettiamo tutti a sedere in cerchio, chiediamo loro
di presentarsi a turno, di dirci età e nome, scopriamo che son davvero
giovanissimi,alcuni anche minorenni e hanno la profondità dei nostri
quarantenni. Parliamo con loro e li incoraggiamo a vedere la vita in avanti,
con la visione a 30 o 40 anni, percepire che davvero la scuola di circo può
essere scuola di pace e partenza per una Palestina migliore, loro lo capiscono,
ci guardano con quegli occhi grandi e io aggiungo: abbiamo preso un aereo e
affrontato un lungo viaggio solo per venire da voi a dirvi bravi, a dirvi che
vi stimiamo e cerchiamo di far loro sentire che è davvero così, perché loro e
le loro vite non sono solo importanti ma sono fondamentali per il messaggio di
pace che portiamo, sono la materializzazione di ciò in cui crediamo da sempre,
ossia che alcuni giovani amici che si radunano, parlano e giocolano nonostante
le bombe e la guerra sono la resistenza partigiana che noi immaginiamo.
Prima di andarcene loro, che hanno i materiali portati dall’estero e contati,
ci offrono quei piatti e quei bastoncini su cui girarli, 4 piatti e 4
bastoncini che significano che noi adesso facciamo parte della loro storia,
significano che sono loro che offrono a noi e significano che la dignità e la
forza che questi ragazzi hanno supereranno i muri, potranno costruire muri
altissimi ma loro sanno volare e loro lo sentono, ci ringraziano e io sento
invece che saremmo noi a dover ringraziare loro, così lo facciamo, nella
maniera più sincera che riusciamo a trovare e poi li salutiamo.
La sera Yousef, per ringraziarmi del dialogo della sera precedente, cucina per
noi e mi avvelena, così la mattina dopo io sto davvero troppo male per lavorare
e così mando Pan e Caramella a fare da soli l’incontro coi clown doctor, (in
realtà non è vero che mi ha avvelenato, è che io sono cagionevole di salute e
mi porto addosso tre malattie croniche e un fisico da sollevatore di mandarini
che spesso mi causa problemi e stop forzati) quella mattina dovevamo lavorare
sulla costruzione del camice, avevamo portato noi dall’Italia anche dei camici
da regalare a loro e delle cose per decorarli, così io resto a letto a vomitare
e stare male e loro vanno a lavorare coi clown e decidono di portarsi dietro
anche il mio nuovo camice che avevo portato apposta per decorarlo insieme a
loro per avere un ricordo di questa esperienza sempre con me in ospedale. Pan e
Caramella spiegano loro che il camice è identificativo del personaggio e che
non va decorato mettendoci sopra cose a caso ma cose pensate, energetiche,
insomma indossando quel camice in realtà indossi ogni vota anche tutta
l’energia degli oggetti e delle scritte che hai sopra quel vestito, per loro è
una visione nuova di come preparare un camice ma accettano di buon grado di
sperimentare questa cosa e realizzano sei camici bellissimi, con le scritte sia
in italiano che in arabo, insomma alla fine decorano anche il mio e mi fanno un
bel regalo dato la situazione di salute che avevo. Il pomeriggio dovevamo fare
un workshop sul clown e l’amore ma io sto troppo male e decidiamo di rimandarlo
al pomeriggio successivo, così io mi riposo tutto il giorno e tutta la notte.
La mattina dopo sto meglio e decido di andare in ospedale con loro, avremmo
anche dovuto lavorare con altri clown, due donne e un uomo che fanno parte del
REC ossia Cucu, Samico e Samsam. Così arriviamo in ospedale in 9, siamo
decisamente troppi per le stanze e così ci dividiamo in gruppi di due o tre
persone e ci sparpagliamo per i vari reparti, interagiamo molto bene anche con
queste tre nuove figure anche se li conosciamo da nemmeno un ora, il turno
scorre bene e ritroviamo anche persone che già avevamo incontrato la volta
prima, ci salutano, si ricordano con piacere di noi ed è come continuare un
lavoro interrotto solo mezz’ora prima, là capisco davvero che la barriera della
lingua e della cultura c’è ma che se non ti fai limitare puoi rompere i muri e
parlare lo stesso con le persone, in fin dei conti le persone sono persone di
qualsiasi paese siano ma restano sempre persone, coi loro sogni, desideri e
speranze, e mi accorgo che sono più simili di ciò che pensiamo, spesso sono i
nostri freni interiori che ci fanno evitare il dialogo.
Finisco il turno spossato dalla fatica e dal caldo e anche dalla debolezza di
aver mangiato pochissimo dal giorno prima, così svengo allegramente per ben tre
volte alla fine del lavoro…tutto il gruppo mi aiuta, mi capisce e non mi fa
sentire a disagio, chi mi bagna la testa, chi chiama u n medico per farmi
misurare la pressione, chi mi fa una foto ricordo da mettere insieme a quella
di quando mi ruppi due costole e feci le lastre in Bielorussia due anni fa,
insomma, l’atmosfera clown resta e finalmente, guardando Alà da sdraiato a
terra mi accorgo che adesso è lui più alto di me, alla fine è solo una
questione di prospettiva no?
Cerco di tornare velocemente a casa, di mangiare qualcosa e riposarmi un paio
d’ore per prepararmi a fare l’workshop sul clown e l’amore del pomeriggio.
Al seminario del pomeriggio partecipano anche 6 donne, in tutto sono una
quindicina di persone compresi noi, Yousef ha il doppio compito di traduttore e
partecipante. Durante questo workshop sono uscite parecchie cose belle e
importanti, è uscito il clown, l’amore per se stessi, tutti insieme a ripetersi
in lingue diverse che ci vogliamo bene, che desideriamo volerci bene, prima a
noi stessi per poterlo poi donare agli altri, alla fine il clown parte
dall’accettazione e dal superamento dei propri limiti e delle proprie
difficoltà più profonde, proviamo a trasmetterlo, per loro vediamo che è una
cosa e una visione nuova del clown a sono ben lieti di provarci, dopo alcuni
esercizi concentrati sul sé iniziamo a vedere l’altro, a raccontare storie e a
raccontarsi le vite fino ad arrivare a raccontarsi i difetti, gli impedimenti e
le difficoltà in uno scambio reciproco molto molto profondo, escono fuori e si
vedono i problemi di relazione, i problemi veri e quelli importanti, ognuno si
confronta e poi facciamo un giro emozionale di idee e anche qua escono cose
bellissime e capiamo che le culture e le lingue diverse non contano niente
davanti all’umanità, che siamo tutti uguali e ci vogliamo anche parecchio bene.
Salutiamo le donne perché era già tardi per loro e capiamo che anche rispettare
e adattarsi alle varie esigenze culturali diverse fa parte del rispetto e lo
facciamo con una tale naturalezza che lo notiamo appena. Restiamo coi ragazzi
ancora un poco e concludiamo gli ultimi esercizi. Arriviamo così all’ultimo
esercizio, quello più difficile, ossia curare tutti insieme il disagio di una
persona del gruppo, uno solo e tutti insieme a curarlo, viene fuori un regalo
immenso, ossia Alà confessa davanti a tutti serenamente la sua difficoltà per
l’altezza, essere nano gli ha condizionato tutta la vita ed è una cosa che
vorrebbe risolvere, non vorrebbe più sentirsi diverso e chiede a noi di
guarirlo, accetto con gioia e apprezzo tanto il coraggio di quest’uomo
straordinario, gli diciamo che questo non si avverte ma che se lui lo sente
cercheremo di curarlo. Lo mettiamo sdraiato per terra al centro del cerchio,
puntiamo su di lui la nostra energia vitale e iniziamo a fare un rito
apparentemente serio mentre lui si concentra sul problema, il rito finisce e
tocca il suo apice quando tutti spernacchiano Alà in cerchio, Alà si mette a
ridere e io dico a lui che adesso, ogni volta che penserà al suo sentirsi
diverso, gli torneranno in mente tutte quelle persone che lo spernacchiano e
non potrà fare a meno di ridere ripensandoci, non lo abbiamo guarito del tutto
ma abbiamo messo il primo tassello della guarigione, ossia abbiamo legato a un
ricordo e a una sensazione sgradevole una cosa buffa, se lui continuerà su
questa strada alla fine sarà solo un ricordo buffo da raccontare agli amici una
sera che si esce tutti insieme, così si superano i drammi, legandoci a filo
stretto eventi comici, surreali e paradossali come tanti amici in cerchio che
ti spernacchiano perché tu stai soffrendo.
Il giorno dopo sarebbe stato anche l’ultimo e abbiamo avuto un programma
intenso, mattina in ospedale e in ludoteca e pomeriggio a tirar le conclusioni
coi clown, la mattina io ho deciso di non andare in ospedale e mandare solo Pan
e Caramella coi clown per riposarmi un poco e partire direttamente a fine
mattinata con la ludoteca. L’idea era di andare in ludoteca come semplice
accompagnatore ma una volta là non ho resistito e, nonostante mi sentissi
davvero stanco perché il giorno prima ero stato davvero male, ho deciso
comunque di interagire con quei bambini facendo palloncini, truccandoli e facendo
delle piccole magie. la ludoteca che abbiamo visitato è anche un centro ascolto
per le donne e appena arrivati abbiamo visto davvero tante donne in attesa, chi
di parlare e chi di riportare a casa il figlio dalla ludoteca.
Qua realizzano programmi di giochi e interazioni volti ad abbassare il livello
di stress dei bambini che a Gaza è ovviamente abbastanza alto, i bambini,
giocando insieme ad operatori molto bravi e competenti, esorcizzano la guerra,
gli attacchi e la paura per la morte.
Quel giorno poi noi avevamo un doppio compito, lavorare coi bambini e
intervistare le donne per capire come affrontano un post-bombardamento o una
situazione di pericolo, quali sono i loro sogni e le loro speranze, avevamo
insomma voglia di ascoltarle profondamente e così, mentre Pan parlava grazie a
Silvia che traduceva, noi lavoravamo coi bambini.
Volevamo chiedere la stessa cosa ai bambini ma abbiamo giudicato fosse una
domanda troppo pensante per bambini di 5/8 anni e così abbiamo chiesto loro
semplicemente di farci un disegno con il tema: un sogno, abbiamo chiesto ai
bambini di gaza di sognare, di tirare fuori tutto ciò che avrebbero desiderato
e il risultato è stato sorprendente, non solo per cosa hanno disegnato ma
soprattutto per la compattezza con cui hanno risposto alla nostra domanda. Noi
ci aspettavamo disegnassero una terra libera, una terra senza guerra o fiori,
mare, cieli limpidi, corse con gli amici o regali che desideravano ricevere,
qualche gioco, magari un pallone, una bambola particolare, e invece i bambini
di Gaza hanno disegnato il loro futuro, ossia il lavoro che vorranno fare da
grandi, hanno desiderato di crescere, di restare vivi…quale dei nostri bambini
se gli chiedi di disegnare un sogno ti disegna lui che lavora da grande?
Lì per lì lo abbiamo preso come un atto di impegno e di crescita consapevole
per il loro paese, e c’è anche quello ovviamente, ma stamani rivedendo le cose
a freddo mi sono accorto che alla fine desiderano e sognano semplicemente di
vivere, di crescere e di non morire.
Su 20 bambini tutti e 20 hanno disegnato il loro futuro lavoro, e straordinaria
è anche la comprensione di ciò che serve al loro paese per rinascere e vivere
in pace, su 20 bambini 2 vogliono fare il poliziotto, 1 vuole vedere una
moschea fuori da Gaza, 3 vogliono fare i pescatori e 14 (si 14 avete letto
bene) vogliono fare gli insegnanti. I bambini di Gaza hanno ben chiaro come si
costruisce la pace, con lo studio e l’insegnamento…quanti dei nostri
diciottenni lo sanno?
Per contro le mamme , tutte, hanno espresso il desiderio di far laureare i
propri figli, fargli avere a tutti una casa sulla testa e stare bene, desideri
basilari che però a Gaza si chiamano sogni, desideri e speranze…e quando una
mamma di Gaza dice che vuol far laureare i suoi figli lei intende proprio TUTTI
i suoi figli, e minimo ne hanno una decina a testa…immaginate lo sforzo che
devono fare queste madri? Spesso i mariti nemmeno hanno un lavoro o sono in
completa povertà o guadagnano pochissimo, spesso a Gaza manca tutto per via dei
blocchi che fa Israele anche sull’ingresso di merci e beni di prima
necessità…ma loro resistono tenacemente e vanno avanti, e quel sogno lo
realizzano perché sanno che quella è la loro rivoluzione pacifica…LO STUDIO DEI
FIGLI, così loro combattono l’ingiustizia.
Detto questo la ludoteca è un luogo magico, è un bosco fiorito sotto le
macerie, intorno all’edificio è tutto scuro, grigio e senza gioia, ma quando
entri ti avvolgono colori, bambini e gioia, fa un caldo soffocante ma i bambini
ridono e tu sei felice. I ludotecari hanno realizzato un luogo meraviglioso con
niente, scaffali di polistirolo attaccati al muro con lo scotch, giochi di
pesca realizzati facendo i pesciolini con le bottigliette di plastica vuote e
un poco di colore, lavagne , numeri e lettere realizzate con il cartone (con le
quali poi i bambini hanno composto i nostri nomi ossia Nuvola e caramella) ,
hanno realizzato un biliardino col cartone, così come con il cartone sono
realizzati svariati puzzle con cui giocano i bambini (nelle foto vedete la
serie completa del pesce per esempio. E poi sulla finestra coperta con una rete
c’è un volo di decine e decine di farfalle di carta colorata, danno una bella
idea di libertà, di volo e di pace, ecco, se dovessi descrivere la ludoteca con
una parola quella sarebbe PACE, la si percepisce a pelle e i bambini che
arrivano nervosi e schivi si trasformano in poche lezioni. Essere operatori
sociali a Gaza è difficile perché devi superare prima di tutto le tue
difficoltà personali e poi preoccuparti degli altri e gli operatori e le
operatrici di questa ludoteca ci riescono benissimo. Davanti a un popolo così
noi non abbiamo potuto far altro che ringraziare , complimentarci e imparare.
Il pomeriggio poi abbiamo fatto l’incontro finale con Yousef , Alà, Murad e
Majed, abbiamo portato loro delle storie con cui di solito incoraggiamo le
persone a superare le difficoltà in ospedale , storie che spiegano bene come
affrontare al meglio la sofferenza. Abbiamo spiegato loro che possono lavorare
anche senza usare magie, trucchi e palloncini, che possono incoraggiare le
persone, abbiamo provato a far loro capire il limite del coinvolgimento, ma
devo dire che dopo una settimana di lavoro insieme loro avevano già compreso
molto e non c’è stato bisogno di insistere molto. Abbiamo poi chiesto loro di
lavorare per far sì che anche Yousef possa ritrovare quel meraviglioso
personaggio clown che ha dentro di sé e che tanto potrebbe contribuire al loro
progetto e alla pace in Palestina, di questo ne siamo assolutamente certi.
Ci siamo lasciati con la promessa di rivedersi in Italia ad un clown festival
dove ci piacerebbe invitarli e fargli così conoscere anche la realtà italiana e
agli italiani portare una testimonianza vera e reale dalla striscia di gaza,
dove fare il clown è più difficile che da noi.
Abbiamo salutato tutti perché il giorno dopo saremmo dovuti uscire da Gaza alla
volta di Betlemme.
La mattina dopo abbiamo ripetuto la serie infinita di controlli e domande da
parte dei soldati israeliani per poter uscire da Gaza anche se devo dire che
abbiamo sempre fatto abbastanza velocemente nonostante la situazione che c’è
là.
Gli ultimi due giorni restanti li abbiamo usati per conoscere Massimo, per
visitare il campo profughi di Aida, per fare un poco i turisti e per incontrare
l’ultimo gruppo di clown, i Red Noses. Devo dire che l’incontro con questo
gruppo è stato proficuo ma non divertente, abbiamo trovato clown formali che
stanno dietro alla professionalità in maniera eccessiva secondo il nostro
modesto parere. Siamo abituati a vedere queste realtà in Italia e siamo nati
proprio per poter avere un’alternativa alle associazioni clown che fanno
provini, hanno standard di qualità e selezionano le persone, pensiamo che fare
il clown sia un atto d’amore, che va fatto professionalmente ma non con regole
ferree tipo azienda quotata in borsa. Quando parlo di queste associazioni io
dico sempre che non fanno clowncare (ossia prendersi cura degli altri) ma
clowning (ossia quella parola che unisce il clown al marketing). I red noses ci
hanno detto che vorrebbero lavorare anche negli spedali a Gaza ma il problema è
ottenere i permessi per entrare a Gaza, allora noi gli abbiamo chiesto se
conoscevano i tre clown doctor di Gaza e loro hanno detto di si, abbiamo capito
che se loro riusciranno ad entrare a Gaza cercheranno di coprire tutti gli
ospedali col loro metodo e probabilmente spazzeranno via i tre clown doctor che
già ci sono, a meno che, come dicono loro, non rientrino negli standard
qualitativi loro , in quel caso potrebbero includerli nei loro progetti. Noi
pensiamo che se ci sono delle persone che lavorano su un progetto da diversi
anni e poi arriviamo noi dovremmo essere noi a corrispondere ai loro standard
qualitativi, ammesso ce li abbiano e li vogliano, e non il contrario.
Abbiamo trovato questo incontro abbastanza triste e siamo preoccupati che i tre
clown di Gaza possano perdere la loro autonomia di progetto, per questo
consigliamo fortemente di stipulare il prima possibile un incarico di lavoro
esclusivo tra i tre dottori, magari riuniti in una associazione nuova, e
l’ospedale in cui lavorano certi che così possano mantenere almeno il lavoro
che hanno costruito duramente in questi anni.
Siamo altresì contenti di averli conosciuti e aver tastato noi il terreno per
loro dal momento che proprio per i problemi di permessi per spostarsi da una
parte all’altra magari i tre clown non avrebbero mai saputo questa e non
avrebbero potuto preoccuparsi di proteggere il loro lavoro. Crediamo fortemente
che niente venga a caso e se abbiamo potuto contribuire anche in minima parte
alla salvaguardia di questa meraviglia di progetto di doctor clown a Gaza ne
siamo lieti e ci mettiamo a disposizione per qualsiasi cosa possa loro servire
in futuro.
Vorrei adesso a nome di tutto il nostro gruppo ringraziare sentitamente e
profondamente Silvia, Yousef, Amal e Massimo perché è grazie a loro che il
nostro lavoro ha potuto realizzarsi, scorrere in maniera fluida e costruttiva
in ogni singolo istante. Tutti noi ci siamo sentiti continuamente accolti,
protetti, amati, rispettati e incoraggiati a lavorare bene e quando si è in un
luogo difficile e lontani da casa questa cosa non è assolutamente scontata e
comune.
Le persone che lavorano per il CISS hanno decisamente un livello di
preparazione e di umanità fuori dal comune. Niente di ciò che abbiamo
realizzato sarebbe stato possibile senza la decisione che hanno preso Silvia e
Yousef in questi dieci giorni, ossia modificare e mettere in gioco un pezzo
profondo e importante della propria vita. M’illumino desidera che le persone
che ci incontrano sulla loro strada decidano davvero di cambiare la propria
vita ma la decisione sta a loro e se loro non avessero accettato la sfida tutto
questo non avrebbe avuto senso. Noi davvero siamo solo conduttori di energia, e
questa energia ce l’hanno messa queste persone. Quindi grazie dal profondo del
cuore per aver reso la nostra missione degna di essere
vissuta.
Ancora oggi, a distanza di una settimana dal nostro rientro, sentiamo la vostra
mancanza, una sensazione come quella di quando si incontra un parente che non
vediamo da tempo ed al quale vogliamo tanto bene e poi ognuno deve tornare alle
proprie cose e alle proprie vite, ma le nostre vite adesso non assomigliano più
alle vite che noi avevamo prima di questo incontro, per questo facciamo questo
lavoro , per questo sentiamo la mancanza e per questo sappiamo che questo
dolore è espressione di umanità e, pur soffrendo, siamo felici di provare
queste sensazioni, significano che siamo ancora vivi dentro e che
ricerchiamo.
Concludendo possiamo affermare con certezza che i palestinesi sono persone
fortissime e che reggeranno all’infinito, lo si percepisce chiaramente. Poter
essere parte anche per qualche giorno di gente come loro fa sentire che un
mondo diverso può esistere, ed è una gran cosa credetemi. Abbiamo cercato in
tutte le maniere di lasciare loro più strumenti possibili per affrontare le
tristezze col sorriso e di una cosa siamo particolarmente fieri…aver lasciato
loro tre o quattro storie di sdrammatizzazione di due o tre cose pesanti che ci
sono quotidianamente a Gaza. Dovete sapere che a Gaza va via la luce
spessissimo, per poco tempo o per molto ma ogni giorno tre o quattro volte va
via e questa è una cosa brutta ovviamente…la seconda volta che è andata via
eravamo io, Pan, Caramella e Silvia (la ragazza dell’organizzazione che ci
ospitava) tutti in una stanza e mi è venuto spontaneo per esorcizzare iniziare
a cantare: TANTI AUGURI A TE, TANTI AUGURI A TEEE, e poi abbiamo riso, e poi
Silvia l’ha raccontato ai clown nella riunione del giorno dopo, e poi è andata
via la luce ancora e noi abbiamo cantato tutti insieme TANTI AUGURI A TE, e i
clown con noi e ridevano e l’hanno raccontato ad altri e adesso in tanti a Gaza
quando va via la luce iniziano a cantare TANTI AUGURI A TE a squarciagola,
ecco, questo è essere clown a Gaza. Essere clown a Gaza è svegliarsi al
mattino, farsi un tè, un caffè, mettersi in terrazza a fare colazione, guardare
fuori con aria poetica e dire: Silvia guarda che bella giornata…il mare è
calmo, il cielo è terso e…i droni volano bassi…e poi ridere… oppure
essere clown a Gaza è mettersi una barba e un cappello da Babbo Natale a Maggio
come ha fatto Pan e quando ti chiedono: Ma babbo Natale a Maggio? Rispondere: é
tre mesi faccio la fila per avere il permesso per entrare. Essere clown a Gaza
è aprire il rubinetto di casa e scoprire che, se va bene, esce acqua di mare
salata e dire , facendo finta di essere un cameriere al ristorante: Signore
come la preferisce l’acqua? Liscia, Gasata o…DI MARE?
Essere clown a Gaza vuol dire ridere di questo…quando ci si riesce e lo si
trasmette siamo clown dottori a Gaza.
Nuvola
Report della dott.ssa Caramella
” Il naso rosso che abbatte i muri aprendo i cuori”
…il mio viaggio inizia seduta in macchina accanto ad un coniglio rosso…guardo incredula i miei due moschettieri seduti davanti e passo passo lascio i miei pensieri per vivere questo magico momento. Arriviamo a Gerusalemme euforici e troviamo una fantastica Silvia che ci accoglie come se ci conoscessimo da tempo… La mattina successiva il nostro ingresso a Gaza…..percorriamo qualche chilometro su quei territori dei quali hai letto, hai ascoltato, hai immaginato e forse hai sperato che non esistessero veramente……una prigione a cielo aperto!!!! Un groppo mi attanaglia la gola mentre facciamo interrogatorio, passiamo dai mini tornelli e calpestiamo una terra, una bella terra dove ci sono persone che vivono nonostante, muri, barriere, filo spinato…le lacrime scendono e mi chiedo perché? Penso alle nostre vite quotidiane dove ci lamentiamo per niente e siamo alla ricerca di chissà che……le nostre vite che difendiamo non pensando quasi più a chi ci passa accanto……….esistono luoghi dove impari l’arte del sopravvivere e questo ti forma, ti plasma facendo crescere in te desideri e sogni. Eccoci in ufficio del Ciss dove troviamo Amal e Yousef ad accoglierci……respiro subito una sana energia…… Pomeriggio ecco i nostri ragazzi Alà, Murad, Majed……in realtà incontro occhi e sorrisi che raccontano una forza e una determinazione da prendere in esempio………adesso abbiamo già iniziato a tessere una tela più resistente dei muri. La sera conosco un uomo , un vero uomo che si è costruiti una corazza ma percepisci che desidera aprirsi…….lo fa nella maniera più semplice e spontanea raccontando la storia della sua famiglia…….tredici giorni di fila per raggiungere il nostro paese, ci rendiamo conto quanti sono?? Alle volte sbuffiamo per una coda di di dieci minuti in banca o alla posta…..un uomo stanco, deluso, affranto….un clown che ha smarrito il suo clown ma si percepisce che in fondo a quel cuore c’è un naso rosso più grande di tutti i nostri messi insieme….arriverà il momento in cui lo ripescherà, ne sono convinta e lo aspetto…..la mattina dopo andiamo in ospedale con i tre ragazzi e la magia ci avvolge, nemmeno la lingua ci può dividere quando trovi la sintonia…viaggiamo dentro l’ospedale dove troviamo una grande accoglienza da parte del personale, dei genitori, dei bambini….musica, palloncini, piccole magie, pupazzi…appena posso osservo Nuvola e Pan e li vedo felici…sorrido pensando a tutti i nostri compagni di m’Illumino che sono con noi sempre….guardo gli occhi di quelle mamme stanche che nonostante tutto non ti negano un sorriso e si coinvolgono in piccole cose con noi….comprendo il potenziale che abbiamo e quanto siamo fortunati a fare ciò che facciamo, accarezziamo la vita e il cuore degli altri e tutto diventa una danza.
Quei tre ragazzi sono straordinari e il nostro compito qua non sarà certo quello di insegnargli qualcosa ma
..portare lo spirito di m’illumino affinché possano essere aperti al dialogo durante i loro incontri in ospedale….aprire il loro cuore a questo può certamente fare la differenza in quel luogo…
” ti dono un po’ della mia sofferenza perché, adesso che il mio cuore sa raggiungere il tuo attraverso la gioia possa raggiungerlo anche attraverso la sofferenza, perché insieme formiamo la speranza”.
Pomeriggio andiamo a visitare il Gaza Circus dove giovani ragazzi imparano tante cose, ragazzi con tanti sogni che li portano oltre quel muro attraverso la loro arte…..alcuni di loro ci fanno qualche performance…. Bravissimi!!! Uno di loro che balla la breake dance mu confessa di essere autodidatta perché il governo riconosce soltanto la danza locale, il resto é proibito….sembra da Medioevo ma é cosi…..usciamo da li un po’ scossi ma felici di vedere quanto quel luogo possa essere importante per il loro futuro….mai smettere di sognare e immaginare……
Anche la costruzione del camice é stato un momento di scambio e condivisione…i ragazzi hanno apprezzato la nostra spiegazione chevil camice rappresenta un po’ noi stessi e non ci vuole fretta a costruirlo….nasce e cresce con noi arricchendosi attraverso le nostre esperienze e i nostri ricordi…così ogni tanto aggiungi e appendi un pezzo di te …la mattina successiva in ospedale tutti abbiamo indossato il camice nuovo con disegni e scritte scambiate tra di noi.
I ragazzi del Rec erano tre due dei quali donne….sono stata molto contenta di questo essendo fino ad allora l’unica donna del gruppo….anche con loro una bella sintonia e la mattinata in ospedale é volata…..guardando con occhi di donna e mamma sento tanto dentro quelle mamme dei bambini e penso a quanto dialogo potremmo creare per condividere da cuore a cuore di mamma….qualcuna parlava con gli occhi e in quei momenti ho desiderato veramente poter parlare l’arabo…. Silvia è stata fantastica accompagnatrice e traduttrice ma non potevamo certo in pico tempo poter parlare con ognuna di loro….
Arriviamo al laboratorio di Patch….non mi aspettavo tanta partecipazione…circa una ventina travi quali anche ragazze…increduli forse inizialmente ma il finale strepitoso…un Nuvola che é stato un fiume in piena, deciso, determinato, prorompente, amoroso…
Abbiamo seminato um buon terreno che darà bei frutti tra quei ragazzi già più grandi della loro età..
D’altra parte é cosi….cresciamo in base alle esperienze fatte e quei ragazzi fanno le scarpe a tanti dei nostri italiani..
A 24/25 anni sono già in grado di lavorare, mantenere una famiglia con figli e provvedere un po’ anche alla famiglia di origine…..onorata di averli conosciuti e ascoltati durante il laboratorio…risposte piene di valori, amore, responsabilità, dignità…grazie a tutti loro…
La ludoteca é stato un luogo dove avrei voluto soffermarmi di più perché tutti quei bambini sorridenti e felici stipati in una piccola stanza hanno lasciato il segno….la dedizione di quegli educatori e insegnanti é unica….occhietti neri che ti chiamano senza parlare….mi sono buttata a giocare in cerchio con loro senza capire cosa facevamo ma non aveva importanza, l’energia di quella stanza é stata prorompente….tanti disegni con il sogno per la loro vita…medici ed insegnanti saranno il futuro…..
In pochi minuti Nuvola accerchiato per i palloncini e io per truccare quei visini radianti di gioia….mentre Pan ascoltava le varie testimonianze delle tenaci donne di Gaza….esco con il cuore gonfio di riconoscenza per “i love you Caramella” come fai a non piangere….in due ore ci hanno donato tutta la loro stima e fiducia per quel niente che abbiamo fatto.
Non so se ho scritto tanto, poco, se ho saputo trasferire qualcosa, se sono stata in grado di far passare qualcosa….una cosa é certa, sono ancora stordita e ogni ora che passa, passa anche un ricordo, un volto, un luogo, un caffè, un thè, una risata, una lacrima, Silvia, Yousef, la preghiera araba, acqua salata, il porto, i controlli…..ancora in certi momenti sono là con voi, con un popolo dalla grande ospitalità dalla grande forza , tenacia…un popolo che ama la vita e se la tiene stretta coi pugni e coi denti sperando in una giustizia che consenta ai propri figli di ottenere la libertà per un crimine non commesso…..spero che i nostri piccoli e umili semi contribuiscano a far germogliare nasi rossi anche senza indossarlo e che Gaza si prenda ciò che merita….
Ringrazio i miei moschettieri Nuvola e Pan abbracciandoli, ringrazio il Ciss per l’ottima organizzazione e per le due stupende persone che ci hanno supportato e sopportato: Silvia e Yousef..
Ringrazio i nostri tre clown Alá, Majed, Murad…. Ringrazio e abbraccio tutte le donne di Gaza e ogni volto incontrato per ciò che mi ha trasmesso…bambini e adulti.
…il mio viaggio finisce sulle note di una strepitosa Piaf con ” rien de rien” alla radio, cantando a squarciagola , tra il sorriso, il pianto e la stanchezza….il difficile non è rimanere in ceri luoghi ma tornare a casa dove non tutti possono comprenderti…. Grazie Gaza.
Caramella
Report del dott. Pan
“ Il Clown è una critica costruttiva nei confronti di una cosa distruttiva” Majed, Clown Doctor di Gaza
Atterriamo a Tel Aviv la sera del 26 aprile…il taxi che c’aspetta di porta verso Gerusalemme… per strada inizi a realizzare quel che sarà. Soldati..mura…check point. Arrivati in ufficio una radiosa Silvia, ragazza che lavora per CISS, ci attendo sorridente al cancello. Una tigre peluche gigante per le scale, le borse pesanti e le teste pensanti, tanta stanchezza… due chiacchiere e crolliamo a letto. Siamo in taxi…è mattina. Le bandiere iSSraeliane su ogni singolo palo per strada…i soldati alle fermate degli autobus. Dice bene chi è con me…” son come cani che marchiano il territorio”. Arriviamo al check point di Erez…un lungo muro davanti a me…persone in attesa di poter entrare a casa loro. Mi ritrovo davanti a due giovani ragazze che mi fanno alcune domande…quanto stai in Israele? Perché? Con chi sei? Quando sei arrivato? E sticazzi?! Ovviamente il tutto in inglese…beh.. con il mio livello di comprensione di lingua inglese potete solo immaginare cosa non è venuto fuori. Nonostante tutto però in poco tempo passiamo i controlli… il muro soffoca…i tornelli…i controlli…passi una porta ed ecco che ti ritrovi avanti l’inverosimile. Una gabbia tunnel di un chilometro che ci accompagna verso altri due controlli…domande e valige aperte. Ci siamo…dopo qualche ora siamo a Gaza… siamo a casa. Si, perché ti da molta più serenità la vita di questa striscia di terra, ti da serenità veder i bambini che girano per strada e che giocano tra di loro, ti rasserena veder ridere e scherzare davanti a due occhi che ti osservano 24 h su 24h no stop dall’alto. Arriviamo negli uffici di CISS dopo quasi una quarantina di minuti di viaggio, ad aspettarci troviamo Yousef ed Amal. Parliamo di noi..di loro e del lavoro che dobbiamo fare con i clown di Gaza. Ma eccoli…Majed, Alà e Murad. Non faremo un lavoro tecnico sul clown, non lavoreremo su come fare una magia o su come entrare in scena, non parleremo di come camminare per far ridere di più o su come cadere in maniera buffa senza farsi male. Lavoreremo sul cuore…lavoreremo su come aprirsi alle persone, sul riuscire ad esser clown anche solo con un camice e un naso rosso…senza aver per forza bisogno di palloncini, magie, ecc… La sera ci ritroviamo con Yousef a parlare a casa. Esce fuori la ricerca di un clown che si è perso, la stanchezza di un popolo che non cerca pace ma GIUSTIZIA! I Gazawi sono un popolo di pace…non parliamo di guerra; la guerra si fa su due fronti…li è un’ingiustizia a senso unico nell’indifferenza mondiale! Esco fuori storie…le storie di una famiglia che deve rimanere 13 giorni in fila per passare un controllo che li porta verso l’Italia, le storie di una padre che decide di tornare a Gaza dall’Italia…scelte decise dalla prigione mentale che l’Europa vive…scelte fatte con coraggio, storie di chi è stanco di tutto quello che la Palestina stà vivendo ma che nonostante tutto non molla. Osservi gli sguardi lucidi e pieni di rabbia in questi racconti e non riesci a trovar risposta in tutti i tuoi perché. Il mattino seguente abbiamo il primo turno in ospedale. Per strada noti sempre la gioia di vivere del popolo, i sorrisi dei bambini, le macchine che si scambiano millimicramente negli incroci, gli occhi delle donne, i murales, la resistenza. Arrivati in ospedale ci cambiamo e via.. inizia il turno…persi tra i reparti di cardiologia, oncologia e dialisi ( quando si dice le coincidenze) inzia un lavoro stupendo, fatto di sintonia di sguardi complici..giochi e scherzi. Il personale dell’ospedale che gioca con noi, i bambini che si incantano sulle bolle di sapone, sulla musica, su un fazzolletto che scompare. Nuvola che non capisce una gag si soffia il naso sulla mia mano, Alà che ride e mi prende in giro…Caramella gioca con una bambina che gli risponde a sorrisi che butterebbero giù ogni barriera, Murad io e Majed balliamo in una stanza. Salta la corrente…i macchinari si fermano e……HAPPY BIRTHDAY TO YOU…non so come è nata questa cosa ma nei giorni che son seguiti ogni volta che saltava la corrente…PAM! Tutti iniziavamo a cantare questa canzone… il clown è anche questo! Di ritorno a casa l’occhio cade su una palazzo…bombardato. Li abbandonata una culla, un mobile ed una sedia. La vita di Gaza però oscura il tutto. Il pomeriggio siamo ospiti del Gaza Circus… appena arriviamo giocoliamo un po…io monto sui trampoli grazie a Majed…Nuvola e Caramella che riescono a far girare un piatto su un bastone…le palline…le clavi..i trapezi. Ci sediamo e parliamo con loro. Ragazzi dai 17 fino ai 30 anni. Gli parliamo della loro missione…quella di un gruppo di ragazzi che tramite il circo stanno portando il loro popolo fuori da quelle mura, l’importanza di far vivere i loro sogni, l’importanza che cè in un progetto del genere…progetto che porta amore nei loro cuori e non rabbia! Che poi la rabbia è anche normale che in fondo ci sia ma almeno cosi’ rimane solo in fondo e quello che brilla è solo l’orgoglio e la convinzione di quel che stanno facendo.. quello si leggeva nei loro sguardi. Ragazzi che stanno tirando su sogni piu’ alti dei muri che li circondano. I lavori con i clown vanno avanti… abbiamo lavorato sulla costruzione del camice. Ovvero?! L’importanza di non colorare e basta il camice che usiamo in ospedale, di non attaccarci sopra duemila cose solo per far volume, di non usare fiocconi o oggettistica circense. Il camice è lo specchio di noi stessi, dev’esser un insieme di piccoli ricordi, regali, affetti. Il camice può esser d’aiuto per arrivare alle persone… il camice per me spesso rappresenta Andrea… Pan è solo più facilitato ad arrivare. Ci siamo regalati ricordi, il mio nuovo camice con scritto Dottor Pan in arabo, una toppa cucita a mano da Murad, le risate e gli scherzi durante il lavoro. Il piacere che ho provato nel sentir dire che era stato apprezzato il lavoro fatto insieme beh…non lo posso misurare. Ovviamente non ho potuto far altro che indossar il mio camice nuovo al nuovo turno in ospedale. Questa mattina con noi ci son pure i clown di REC… due ragazzi e un ragazzo : Samico, Cucu e Samsam. Cucu è un’insegnate, una donna che ha deciso di portar l’insegnamento a scuola tramite la figura del clown…perché lo studio dev’esser anche divertimento. E vediamo il suo grande cuore, il suo rapportarsi con i bambini ed i genitori anche nelle camere d’ospedale. CI guardiamo e capiamo subito quello che dobbiamo fare…capiamo quando è il momento di restare, di andar via…quando serve una pacca sulla spalla o quando serve un aiuto per un trucco non riuscito…quando dobbiamo scherzare con il primario dell’ospedale…quando ….PUF! HAPPY BIRTHDAY TO YOUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUU!!!!
Il laboratorio sull’amore di Patch è stato bello….eravamo quasi una ventina di persone… Nuvola, Caramella, Yousef , Silvia, Murad, Majed , Alà, Samico, Cucu, Samsam e altri ragazzi…tutti insieme li a ripetersi che dobbiamo volersi bene, a raccontarsi…ad aprirsi all’altro…a dar fiducia e a riceverne. Eravamo li per superare alcune barriere, percepite nei giorni insieme, tra alcune persone… Percezioni confermate da loro stessi. Ci son state lacrime e sorrisi, grandi regali di racconti di storie personali, abbracci. Abbiamo parlato del lavoro fatto in settimana…e un piccolo seme l’abbiamo lasciato. L’abbiamo lasciato quando ci siam sentiti dire che il messaggio che volevamo lasciare era arrivato…quando senza dir quello che volevamo trasmettere in questi giorni il tutto è uscito dalle loro bocche in un pomeriggio. L’ultimo giorno dentro Gaza siamo stati in ludoteca…li son rimasti con i bambini Nuvola e Caramella… io ero a parlare con le madri… Madri che mi raccontano delle loro difficoltà economiche, di come è difficile andar avanti in una casa senza finestre senza mobili e con un marito malato, di come è difficile dover veder lasciar la scuola al proprio figlio di 14 anni per aiutare in casa, di come è dura ad ogni attacco israeliano dover lasciar casa e sperar al proprio ritorno di ritrovarla sempre intera, mi raccontano dei loro sogni…tutti sogni di mamma che sperano di veder i figli sistemati e con una casa sulla testa, sogni di chi spera che il mondo si sveglia e faccia pressione sul governo di iSSraele… mi raccontano che loro non hanno bisogno della pace…il popolo di Gaza è in pace, loro hanno bisogno di giustizia! Di diritti umani privati dal primo giorno di vita! Oggi lasciamo Gaza..lasciamo una prigione a cielo aperto , dove l’acqua della cannella è di mare…Gaza..dove se esci di casa durante un attacco devi sperare di ritrovarla intera al tuo ritorno..devi sperare nel tuo ritorno…Gaza..dove i bambini di 5 anni sognano di diventar medico o costruttore di case, dove difficilmente esiste egoismo, dove troppo presto si lascia gli studi per aiutare la famiglia…Gaza…dove devi star 13 giorni in fila per veder oltre le mura, dove dai campi profughi fuori dalla striscia si lotta, dove buttiamo giù muri infiniti, dove tanto si è orgogliosi delle proprie origini e coerenti con se stessi che preferisci tornar in quella gabbia per il corpo piuttosto che rimanere in Italia in una gabbia per il cervello.
E’ difficile scrivere…raccontare quello che ho vissuto…mi scuso…forse è presto per buttar fuori o forse non lo so…spero solo di avervi trasmesso un poco di quello che sento ora. Ringrazio il destino che mi ha fatto incontrare Valentina e i ragazzi del CISS, ringrazio Silvia, Yousef e Massimo per esserci stati vicini. Nuvola e Caramella per la forza che mi hanno dato…grazie a M’Illumni d’Immenso perché son sicuro che come mi volto son sempre tutti li dietro di me. Ringrazio la gente di Gaza…la Palestina…grazie per avermi fatto capire tante cose…grazie per avermi insegnato a vivere, per la forza trasmessa…per il coraggio, la coerenza.. per tutto quello che voi come pochi siete riusciti a trasmettermi.
Vi abbraccio
Pan